«Vi racconto Sopramonte e Iva Dalser, la prima moglie di Mussolini»
Graziana Vecchietti, profonde radici nel paese del Bondone, ha ricostruito la vicenda di Ida e del suo borgo ai tempi del fascismo e della guerra. Bussando casa per casa
SOPRAMONTE. Se il paese di Sopramonte potrà contare su una dettagliata memoria storica lo dovrà in gran parte a Graziana Vecchietti una “ricercatrice amante della storia”, come ama definirsi, che con una pazienza certosina ha raccolto testimonianze dirette, fotocopiato documenti da molti archivi, bussato casa per casa per riuscire a trovare gli inediti o registrare testimonianze e alla fine ha piazzato lo scoop: è riuscita ad aprire le porte di casa Dalser, famiglia benestante del paese a cui apparteneva Ida, la prima moglie di Benito Mussolini.
Prima sei libri nei quali hanno trovato spazio spaccati di vita paesana, ma anche sensazioni, emozioni che altrimenti sarebbero andate perdute. «Ho avuto la fortuna di poter consultare i diari che i maestri durante il fascismo erano obbligati a tenere con notizie non solo di carattere scolastico, ma anche di vita paesana. Mi ha colpito al cuore leggere la descrizione fatta dalla maestra dei bambini che al suono delle campane a martello correvano alla finestra sgranando gli occhi per vedere Pippo (il soprannome dato a un solitario bombardiere alleato) spaventati, ma anche incuriositi dalla possibilità che bombardasse il paese».
La sua attività di ricerca quando ha avuto inizio?
Tutto è nato col libro “Spegnere, scavare, salvare” che ho scritto per il centenario di fondazione del Corpo dei Vigili Volontari di Sopramonte. Sono partita dagli archivi del paese e ho trovato una montagna di documenti che mi hanno portato a Trento, ma anche in altre città. A quel punto ho deciso di non limitarmi solo a celebrare i pompieri, ma a iniziare un percorso di ricostruzione storica che non ho ancora finito.
I documenti sulla prima moglie di Benito Mussolini, come li ha avuti?
Devo dire che sono stata fortunata. Mio marito Sergio da giovane era confinante dei Dalser e quindi le due famiglie si conoscevano. Alla nipote ho spiegato che la mia intenzione era quella di raccontare la verità su Ida dopo che negli anni le menzogne si erano mischiate alle leggende a danno della verità.
È stato facile?
Per nulla. Giustamente la diffidenza era palpabile. Poi un giorno mi chiamarono e durante la visita estrassero da un soprammobile a forma di gallo cedrone le veline delle lettere che Ida aveva inviato al Duce, ai parenti ed alle autorità dai manicomi nei quali era stata internata.
Quale impressione ha avuto?
Quella che Ida non era matta. Aveva avuto una storia con Mussolini durante il suo soggiorno a Trento e poi il caso ha voluto che si rincontrassero a Milano e la ripresa della sua storia sentimentale è stata la sua fine.
Ha trovato testimonianze anche del ritorno di Ida Dalser a Sopramonte?
Certo, Ida riuscì a scappare dal manicomio di Venezia e tornare a casa, difficile riuscirci se fosse stata veramente matta.
Oggi di Casa Dalser cos’è rimasto?
Un grande fabbricato in buone condizioni che sovrasta il paese guardandolo da ovest. Una volta era abitata in estate quando i parenti erano una decina di persone venivano da Milano, poi col tempo lo è sempre meno.
Graziana Vecchietti ha le sue radici a Sopramonte e a 19 anni, dopo aver fatto parte della Consulta Frazionale, è stata la prima donna ad entrare nel nuovo Consiglio di Circoscrizione. È sempre stata a disposizione del paese impegnandosi in varie attività di volontariato; a sedici anni era già insegnante di catechismo e nel 1971 entrò a far parte della nuova Filodrammatica.
Si guarda indietro e cosa pensa?
Che oggi un’attività di ricerca come sono riuscita a fare non sarebbe più possibile. Con la riorganizzazione hanno concentrato gli archivi, quindi la ricerca è decisamente più difficile. Penso ad esempio ai diari dei maestri che ho avuto la fortuna di poter consultare, chissà dove sono finiti. In molti casi non è più possibile fotocopiare i documenti e una ricerca basata sui documenti originali diventa impossibile ed è un peccato perché specialmente per le piccole realtà, si va a perdere la memoria storica.
Ha bussato a tante porte, com’è stata accolta?
La diffidenza c’era, però quando hanno capito le mie finalità si sono aperti. Laddove non avevano dei documenti da darmi, ho registrato le testimonianze. C’è voluta tanta pazienza, ma il risultato è stato ottimo.
In queste sue ricerche c’è stato qualcosa che avrebbe voluto trovare senza riuscirci?
Penso di averle provate ormai tutte e mi pare impossibile che Sopramonte non avesse una propria Carta di Regola che tutti i paesi possedevano. Al momento non sono ancora riuscita a trovarne traccia e mi dispiace perché sarebbe un documento fondamentale per la ricostruzione storica di Sopramonte. Ma non mollo, le possibilità sono ormai minime ma non voglio lasciare nulla di intentato.
Una curiosità nel passato di Sopramonte?
Lo potrebbero essere le campane che suonavano più volte nell’arco della giornata. Il suono delle 11 richiamava i contadini dai campi per il pranzo in modo tale che potessero essere a tavola puntuali alle 12 per poi riprendere il lavoro. Mentre alle 14,45 erano il segnale del ritorno a scuola degli scolari.
Due personaggi particolari?
Direi Don Luigi Pedrolli parroco dal 1924 al 1954 che ha fatto davvero tanto per Sopramonte, e Edoardo Agostini che era campanaro, sagrestano, stradino ed attore della filodrammatica, ma talmente bravo che riusciva a rendere credibili fatti inesistenti e con questi racconti prendeva in giro i suoi paesani che regolarmente ci cascavano.
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