la storia

Vent’anni fa a Borghetto cambiò la storia del Patt

Il 29 ottobre 1995 il grande raduno autonomista che mise in allarme Scalfaro Gelmetti: torna l’ora di un movimento di raccolta. Andreotti: momento irripetibile


di Paolo Mantovan


A Borghetto, nella tenuta San Leonardo, il 29 ottobre di vent’anni fa c’era una folla di autonomisti. Secondo le cronache tra gli otto e i diecimila, per gli organi del Patt più di quindicimila. Comunque tanti. Al punto che Silvius Magnago, la guest star della manifestazione, alzò il tono della voce e al microfono urlò: «Pensavamo di essere capaci solo noi della Svp di mettere in piedi raduni di popolo in questa terra: e invece oggi vedo tantissima gente e vedo che tutti trovano il loro posto qui, e trovano pure un posto per la loro macchina: avete grandi capacità organizzative! Grazie Gelmetti! Grazie Tretter!». Questa frase più di ogni altra segnò il successo di una manifestazione che fu tutt’altro che una fiera del folclore o della nostalgia asburgica. Pochi indossavano vestiti tradizionali: la maggior parte dei presenti era in giacca (qualcuna di lana cotta, ovvio) e cravatta, e voleva marcare il segno che il Patt era adulto.

Quel 29 ottobre 1995, a Borghetto, insomma, ci fu davvero il grande raduno autonomista. Lì per lì sembrò il prologo di un’epoca nascente, quella di un nuovo partito di “raccolta” autonomista, fondato sulle radici dell’Asar, e invece poco più tardi annegò nella débâcle politica dell’Abete (di Grandi e Tretter) e soprattutto nel caos giudiziario sulle tessere del Patt. In mezzo, l’allarme del Quirinale (allora il presidente era Oscar Luigi Scalfaro) per un raduno che era apparso una «offensiva separatista». Un allarme che ad alcuni autonomisti, primo fra tutti Carlo Andreotti, sembrò la miccia per gli attacchi frontali nei confronti del Patt, sfociati anche, per l’appunto, in inchieste giudiziarie.

Vent’anni dopo, l’anima di quel raduno, Giorgio «Furore» Gelmetti, l’uomo che forse un po’ «s’ammalò» di «borghettite acuta», che non volle mai accettare che il momento più alto della sua carriera politica combaciasse con l’inizio di una discesa agli inferi, ebbene vent’anni dopo Gelmetti getta la spugna lanciando una provocazione.

«A me oggi, vent’anni dopo Borghetto, sembra il momento giusto perché nasca davvero un movimento di raccolta in Trentino, al di sopra e al di fuori dei partiti. Un movimento con vocazione autonomista in senso ampio, ovviamente capace di restare nel solco della storia. Per questo dico che, siccome io ho registrato il simbolo dell’Asar come Asar ’98, non intendo certamente creare problemi a chi volesse, nel nome dell’Asar, costruire un nuovo movimento di raccolta. Perché è adesso il momento? - insiste Gelmetti - Perché c’è un’Europa che crea contrasti invece che coesione, c’è chi pensa a macroregioni ed è necessario che il Trentino sappia raccogliersi attorno a un progetto politico di autonomismo vero». Il raduno fu un’idea di Gelmetti? «Io ci misi tutte le mie forze e volli, fortissimamente volli Borghetto, e per l’aiuto dato ringrazio ancor oggi Federico Gatti. L’idea di fare il raduno proprio lì, a Borghetto, venne però a Pier Cesare Moreni, che me lo suggerì durante un pranzo».

Carlo Andreotti, allora presidente della Provincia, invece dàè un giudizio lapidario. «Cosa è rimasto di allora? Nulla. È cambiato tutto. È stato un momento unico e irripetibile. Talmente forte da segnare la storia degli anni successivi del Patt: vi fu l’allarme in tutte le istituzioni non autonomiste per una prova di forza dal carattere pantirolese. Assurdo. Ma ci misero in ginocchio».













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