Valanghe, alpinisti contrari alla proposta del carcere
Favorevole il procuratore di Trento, contrari gli esperti del settore: "Così si uccide l'alpinismo"
TRENTO. Otto morti in un fine settimana sotto le valanghe cadute su tutto l’arco alpino, un sopravvissuto sui versanti trentini della Vigolana (per miracolo, dicono i soccorritori) e una scia di polemiche: «In carcere i pirati della neve» annunciano i senatori della maggioranza. Il procuratore Stefano Dragone sarebbe favorevole, ma il mondo della montagna si ribella: «Così si uccide l’alpinismo».
Stefano Bianchini, l’agricoltore di Vigolo Vattaro estratto vivo dalle nevi della Vigolana, è fuori pericolo. E’ andata molto peggio alle otto vittime contate su tutti i versanti delle Alpi e da Roma arriva l’annuncio di una stretta - carcere per chi provoca valanghe - che forse è frettoloso visto che le cronache trentine insegnano che il carcere è già previsto: era il 2001 quando due olandesi (poi assolti) finirono in cella per una valanga mortale a Pampeago. E pochi mesi prima era toccato a una guida alpina altoatesina, successivamente condannata per il distacco di un’enorme valanga, per fortuna senza vittime.
Il procuratore Stefano Dragone comunque è d’accordo a un inasprimento delle pene, pari almeno a quelle di chi provoca tragedie stradali. E ancora: «Va visto con favore il sanzionamento di chi scia fuori pista in condizioni di pericolo. E va riempito un vuoto legislativo: di chi è la responsabilità per la morte di un soccorritore?».
Ma il dibattito giudiziario innervosisce l’alpinista Reinhold Messner: «La minaccia di multe e carcere per chi provoca una valanga è una reazione isterica. Così si uccide l’alpinismo. Già oggi la legge è chiara: l’omicidio colposo resta l’omicidio colposo ma nessuna legge può vietare di rischiare la propria pelle in montagna».
Il presidente del soccorso alpino trentino, Maurizio Dellantonio la pensa allo stesso modo: «L’inasprimento delle sanzioni non è la strada giusta, anche perché nessuno sarebbe in grado di garantire l’applicazione di una norma del genere: chi stabilisce se uno è sprovveduto o meno? I bollettini, ad esempio, sono uno strumento generale non una legge». E allora Dellantonio pensa a potenziare l’aspetto formativo ed educativo: «Partiamo dai giovani». E magari all’introduzione di un ticket per chi chiama i soccorsi via terra senza che ci sia una reale emergenza sanitaria, come già si fa per l’elicottero: «L’importante è che su questo tutto il mondo della montagna sia d’accordo». Anche il capo della protezione civile trentina, Raffaele De Col, non vede di buon occhio multe e carcere: «Però di leggi lasciamo che se ne occupino i parlamentari. Da parte nostra puntiamo sulla formazione, con un progetto che partirà nelle scuole in collaborazione con il soccorso alpino».
Per le guide alpine Walter Vidi commenta così: «Abbiamo avuto molti morti in pochi giorni, non è possibile decidere ora il futuro della montagna: attendiamo che passi l’emozione, perché ora c’è un allarmismo esagerato che porta a soluzioni assurde come “chiudere le montagne” alla gente». Intanto il bollettino nivometeo continua a indicare un pericolo marcato di valanghe (grado 3 su 5) sui versanti del Trentino e dell’Alto Adige