TRAGEDIA IN MONTAGNA

Valanga killer sulle Dolomiti di Brenta: muore una guida alpina trentina

Alessandro Avancini, 50 anni, è stato travolto e ucciso in Val d'Ambiez. Stava accompagnando un gruppo di escursionisti



SAN LORENZO IN BANALE. Ancora una tragedia sulle montagne trentine. Ancora una volta ha perso la vita un alpinista esperto, che conosceva bene i luoghi dove è avvenuta la disgrazia. A morire travolto da una valanga è stato Alessandro Avancini, 50 anni di Trento, istruttore della Scuola di alpinismo Giorgio Graffer. Il dramma in Val d’Ambiez, nelle Dolomiti di Brenta.

 Avancini era in compagnia dell’amico Marco Pegoretti, guida alpina e anch’egli istruttore della scuola Graffer. I due erano arrivati in Val d’Ambiez, nella zona di San Lorenzo in Banale, insieme ad una comitiva - formata da nove ragazzi e dieci genitori - per compiere un’escursione organizzata dal Gruppo Sportivo Escursioni Cristo Re. Avevano raggiunto Malga Prato di Sotto, a quota 1671, e lì il gruppo aveva trascorso la notte. Doveva essere una delle tante gite che l’associazione del capoluogo, presieduta da Franco Costa, organizza da quarant’anni per avvicinare i più giovani alla montagna. Niente di particolarmente impegnativo, dunque, con pernottamento presso la malga, anch’essa gestita dal gruppo sportivo trentino.

 Ma  dopo aver fatto colazione, Avancini e Pegoretti sono usciti da soli, con sci e pelli di foca. Sono saliti in quota e, dopo aver compiuto un lungo giro, attorno alle 11.30 aveva deciso di fare rientro a valle. Si trovavano a circa 2400 metri, sul sentiero Palmieri che conduce al rifugio Pedrotti, in località Forcolotta di Noghera. Pegoretti s’era già tolto gli sci, per togliere le pelli e prepararsi alla discesa, quando l’amico ha deciso di proseguire per qualche decina di metri.

 La guida alpina ha visto Avancini girare l’angolo dietro una parete rocciosa e qualche istante dopo, udito un boato, s’è rimesso gli sci ed è corso a vedere cosa fosse accaduto. Uomo di grande esperienza, Marco ha capito immediatamente cosa fosse accaduto: Alessandro era stato travolto da una valanga staccatasi dalla costa di Ceda, circa due o trecento metri sopra di lui. Una valanga di dimensioni non eccezionali che però non ha lasciato scampo ad Avancini.

 La guida alpina s’è subito gettata alla ricerca dell’amico e, individuato con l’Arva il punto in cui si trovava il corpo, ha iniziato a scavare. Venti, forse 25 minuti di attività frenetica con il fiato grosso e una serie infinita di palate di neve, nella speranza di poter salvare Alessandro. Speranza che purtroppo s’è spenta quando, a un paio di metri di profondità, Pegoretti ha trovato il corpo senza vita dell’amico. Stanco e disperato, l’alpinista ha cercato di chiedere aiuto con il telefonino, ma in quel punto non c’è segnale e, quindi, sistemato il corpo del compagno, è sceso a Malga di Sotto, da dove gli amici sconvolti hanno subito lanciato l’allarme.

 Qualche istante più tardi, il rombo del rotore dell’elicottero di Trentino Emergenza riecheggiava già tra le cime innevate della valle, ma è stato subito chiaro che le condizioni meteo particolarmente avverse avrebbero reso assai difficile e pericoloso il recupero della salma. E così è stato: nonostante i ripetuti tentativi - uno dei quali era sembrato potesse andare a buon fine - l’equipaggio del velivolo a scelto di interrompere le operazioni, diventate troppo rischiose.

Nulla da fare nemmeno per gli uomini del Soccorso Alpino visto che anche le condizioni del manto nevoso erano particolarmente instabili: se i soccorritori avessero raggiunto a piedi il luogo della tragedia avrebbero potuto essere a loro volta travolti da qualche valanga. E così, dopo aver atteso fino all’imbrunire un miglioramento meteo, il recupero è stato rinviato a oggi.













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