Vaccinazioni, cresce il fronte del no
Dal 2012 non sono più obbligatorie e per le famiglie “inadempienti” non ci sono più sanzioni. Risultato: un calo costante
TRENTO. «Una lenta erosione della percentuale di copertura vaccinale». Se dovessimo sintetizzare, nel modo più “amabile” possibile, il trend delle vaccinazioni in Trentino, dovremmo utilizzare una frase di questo tipo. “Erosione” significa un graduale calo delle vaccinazioni dell'infanzia. Di quelle, cioè, che tuttora restano obbligatorie e che col tempo potrebbero diventare “raccomandate”. Il primo passo verso l’eliminazione dell’obbligatorietà è avvenuto a gennaio del 2012 quando è stata sospesa la sanzione pecuniaria che “colpiva” le famiglie che decidevano di non sottoporre a vaccinazione i propri figli. Ora rimane, soltanto, la comunicazione di un’inadempienza. Lo scenario è cambiato ed è in continua evoluzione. Il percorso di superamento dell’obbligo vaccinale ha reso indispensabile un monitoraggio costante sull'andamento dell’adesione alle vaccinazioni. I dati relativi alle coperture vaccinali del 2012 confermano la tendenza nel tempo a un lento calo per le vaccinazioni “obbligatorie” (poliomielite, difterite, tetano ed epatite B). Per la polio, ad esempio, si passa dal 97,4% registrato nel 2000 al 95,4% nel 2012. Un calo netto di due punti percentuali.
«Assistiamo ormai da anni a questa lenta e graduale erosione - spiega il direttore di Igiene e Sanità pubblica Valter Carraro - il dato è in linea con la tendenza a livello nazionale e comunque restiamo ancora nel range considerato soddisfacente dal Ministero e cioè al di sopra del 95%». Siamo dunque al limite del valore ottimale. Non sono numeri allarmanti o preoccupanti, ma sono segnali che “dovrebbero” destare una certa attenzione. La bilancia del rapporto costi/benefici continua a pendere dalla parte delle vaccinazioni. «Rimane un rischio molto basso legato alle vaccinazioni, a fronte dei numerosi benefici che ci spingono a continuare a vaccinare», continua Carraro. Il controllo delle malattie infettive e delle possibili epidemie a esse legate, ma soprattutto l’obiettivo di una completa eradicazione della patologia (è il caso del vaiolo per cui oggi, infatti, non si vaccina più). Benefici che vanno perseguiti come nel caso del morbillo. Un piano nazionale ne prevede l'eliminazione attraverso una copertura vaccinale che arrivi almeno al 95%. I numeri, qui, sono ancora lontani dagli obiettivi. Per il morbillo (e per la parotite e la rosolia, contenute nello stesso vaccino) si registra un calo più significativo: 87,4%, -1,7% rispetto all’anno precedente. Il report del 2012 riporta i dati relativi alla coorte di nascita 2010: identifica, cioè, un tasso di copertura a 24 mesi di vita. Nel documento è contenuto, anche, il monitoraggio semestrale, effettuato a 6 mesi e a 9 mesi di vita sui bambini nati nel 2012. Sono numeri più freschi e che raccontano, se pur in modo parziale, un evidente rallentamento nel flusso vaccinale. Le coperture sono inferiori rispetto al 2011. A 6 mesi dalla nascita alla prima dose del vaccino si registra un -1,8%, alla seconda dose -2,3%. La diminuzione si attenua, però, a 9 mesi quando si attesta rispettivamente a -0,8% e -0,5%.
«Si registra un rallentamento - ammette Carraro - ma che spieghiamo con una tendenza a ritardare la vaccinazione da parte delle famiglie, spostando sempre più in avanti l’epoca delle vaccinazioni». Ecco perché a 9 mesi il calo, in parte, rientra. «Oggi è molto più facile convincere un extracomunitario a vaccinarsi perché nel mondo occidentale si è perduta l'esperienza della malattia. La polio, il tetano, la difterite nell'immaginario collettivo è come se non facessero più paura», conclude Carraro. Eppure continuare a vaccinarsi resta fondamentale in funzione della prevenzione. La poliomielite, per esempio, in certe aree circoscritte non esiste più (proprio grazie al vaccino) ma si registrano, comunque, ancora dei casi singoli da cui “difendersi” tramite la copertura vaccinale.
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