Trivelle, domenica il referendum Le Acli si schierano per il sì
Si vota per decidere sulle concessioni alle società petrolifere per estrarre entro 12 miglia dalle coste L’associazione: «Lavorare ad un sistema di energia alternativo». Borzaga: «Non è materia da sì o no»
TRENTO. Le Acli nazionali, la presidenza e l’Assemblea provinciale dei presidenti di Circolo delle Acli trentine aderiscono al Comitato per il Sì al referendum sulle trivelle di domenica prossima 17 aprile, quando gli italiani saranno chiamati a votare sull’estrazione degli idrocarburi nei mari italiani.
Il primo appello che le Acli rivolgono agli elettori e alle elettrici è innanzitutto quello di andare a votare, visto che il primo scoglio per la validità del referendum è che venga superato il quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto: «È importante recarsi a votare per non sciupare questa occasione di partecipazione democratica su un tema di primaria importanza come quello energetico e ambientale», scrivono il presidente delle Acli trentine Fausto Gardumi e i presidenti di circolo, «il quesito sulle trivelle chiama in causa temi di primaria importanza: l’ambiente, il lavoro, la salute, la vocazione turistica del Paese, lo sviluppo sostenibile».
In secondo luogo le Acli invitano a votare sì per «contribuire a riavviare il dibattito sull’esigenza di pensare ad un modello energetico pulito, basato sulle energie rinnovabili». «Il tempo delle energie fossili - è finito. Le quantità di gas e petrolio che estraiamo dai nostri mari sono esigue rispetto al fabbisogno nazionale. Le attività estrattive sono inquinanti, con impatti sull’ambiente e sull’ecosistema marino con danni al turismo, alla fauna e all’attività di pesca ed eventuali incidenti avrebbero effetti disastrosi, dato che il Mediterraneo è un mare chiuso». Per le Acli «votare sì significa impegnarsi a lavorare per un sistema energetico alternativo, presupposto fondamentale per una ristrutturazione e riorganizzazione dell’intera economia in una prospettiva di sviluppo sostenibile».
Il referendum è stato promosso da nove Regioni (in gran parte guidate da governatori del Pd), sostenute da oltre 160 associazioni ambientaliste e non. Gli italiani sono chiamati a decidere se abrogare o meno la norma che consente alle società petrolifere di estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane (cioè nelle acque territoriali nazionali) senza limiti di tempo, ovvero fino ad esaurimento dei giacimenti. Votando «sì», una volta terminate le concessioni le piattaforme per l'estrazione degli idrocarburi (alcune in scadenza già nei prossimi due anni) dovranno essere smantellate. Votando «no», tutto rimarrà come prima e le società potranno, al termine della concessione, se petrolio e gas ce ne fosse ancora, ottenere le proroghe previste dalla legge per dare "fondo" al giacimento.
A una settimana dal voto, il fronte del sì si mobilita per il rush finale. La prima preoccupazione è quella di portare la gente a votare per raggiungere il quorum, visto anche l’appello all’astensione arrivato da Renzi e dalla segreteria nazionale del Pd. Dice per esempio l’economista Carlo Borzaga, docente alla Facoltà di economia di Trento: «Non sono un esperto in materia, e proprio per questo dico che questa non è una materia da referendum. Altrimenti cosa eleggiamo a fare i nostri rappresentanti in parlamento?».
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