Trento: ospedale S. Chiara, rianimazione dimezzata

I posti letto sono la metà di quanto previsto. Reparto in costante affanno


Luca Petermaier


TRENTO. Quattordici posti letto che (forse) tra sei mesi diventeranno 22. Una boccata d'ossigeno per il reparto di rianimazione dell'ospedale Santa Chiara che - tuttavia - continua ad essere in affanno quanto a spazi a disposizione. Proporzioni alla mano, i posti letto sono la metà di quelli che il nosocomio dovrebbe avere in base al numero di abitanti. Stanno decisamente meglio i cugini altoatesini che - tra Bolzano, Merano, Bressanone e Brunico - riescono a rispettare la proporzione mettendo a disposizione dei pazienti circa una quarantina di posti per le cure intensive. Quello dei posti letto di rianimazione non è solo un problema di numeri. Il fatto è che la scarsa disponibilità di spazi per gli interventi più acuti si ripercuote anche sulla funzionalità dell'ospedale e, in definitiva, su una efficiente gestione della macchina sanitaria. Le conseguenze della carenza di posti letto, ad esempio, sono la cronica fuga di pazienti presso altri ospedali fuori provincia (Bolzano e Verona in particolare) soprattutto per le terapie neurochirurgiche. Fino a qualche anno fa i pazienti che chiedevano il ricovero lontani dal Santa Chiara perché inadeguato erano almeno trecento all'anno. Ora, con gli undici letti della nuova terapia intensiva neurochirurgica, la situazione è migliorata ma il problema non è risolto. Ancora oggi il malumore dei medici chirurghi del Santa Chiara è forte di fronte ad un problema che parte da lontano e che - dagli anni Novanta - non è mai stato risolto davvero. Non è infrequente, infatti, assistere a ritardi negli interventi o addirittura a rinvii di giorni decisi all'ultimo momento solo perché non ci sono letti liberi in terapia intensiva. Nulla da temere per i pazienti, ma l'organizzazione sanitaria ne risente. E siccome le urgenze non si possono rifiutare, a pagarne le conseguenze - troppo spesso - sono i pazienti non acuti che, tuttavia, hanno bisogno della rianimazione post-intervento. Gli ultimi interventi slittati a causa dell'«assembramento» in rianimazione risalgono proprio alla scorsa settimana quando la terapia intensiva ha registrato il tutto esaurito. A Trento, dicevamo, la rianimazione conta su 14 posti letto. A questi se ne aggiungono 8 all'ospedale di Rovereto. Ancora troppo pochi per un bacino d'utenza di 500 mila cittadini che diventano quasi il doppio nei periodi di alta stagione turistica. Ed è proprio in questi periodi (ad agosto e durante i mesi invernali) che la terapia intensiva soffre maggiormente. Tra qualche mese (non prima della primavera prossima) qualche miglioramento dovrebbe giungere. E' prevista, infatti, l'apertura di una nuova terapia intensiva neurochirurgica al primo piano del Santa Chiara con sei posti letto di terapia intensiva e altri quattro destinati alla terapia semi intensiva. Un passo in avanti, certo, ma che arriva però con almeno un anno di ritardo rispetto ai tempi previsti e promessi. Certo, ritardi fisiologici nell'edilizia sanitaria ma nell'ambiente medico fanno temere tempi troppo lunghi anche per la realizzazione del nuovo ospedale del Trentino, il famoso Not. La giunta ha promesso che sarà finito nel 2018, ma nell'ambiente medico in pochi scommettono che sarà finito prima del 2020.

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