Trento: nei cunicoli dei rifugi antiaereipotrebbe passare la funicolare

Sono i rifugi antiaerei della 2ª guerra mondiale, dove i trentini si riparavano durante i bombardamenti. Oggi il Comune vorrebbe sfruttarli per far passare la cremagliera per la collina


Chiara Bert


TRENTO. La città nascosta comincia dietro un portone di ferro. Nelle viscere di Trento, sotto piazza Venezia fino in cima a via Grazioli, si snoda la rete di cunicoli scavati nella roccia. Sono i rifugi antiaerei della 2ª guerra mondiale, dove i trentini si riparavano durante i bombardamenti. Oggi il Comune vorrebbe sfruttarli per far passare la cremagliera per la collina.
Qualche settimana fa si è svolto un sopralluogo dell’assessore comunale alla mobilità Michelangelo Marchesi insieme ai tecnici e alla presidente della circoscrizione S.Giuseppe Maria Rosa Maistri. Sono più di vent’anni che si discute se e come riutilizzare i rifugi antiaerei. Uno spazio immenso sotto terra che oggi è vuoto, se si esclude una parte del bunker alla Busa, dove da 25 anni l’armeria Mayr ha realizzato il proprio poligono di tiro, un posto trovato dopo una lunga ricerca, chiuso e quindi ideale per le esplosioni. Sempre in via Grazioli, qualche centinaio di metri più a sud, nel 2008 la Provincia ha concesso ad alcuni privati la possibilità di ricavare 8 posti auto dietro un affitto di 6 mila euro all’anno.
È del 1987 la prima proposta di realizzare nei rifugi dei parcheggi per i residenti, idea rimasta in piedi fino alla scorsa legislatura, quando l’allora assessore Andrea Rudari tornò a rivalutarla. Nel 2004 il Comune manifestò formalmente il proprio interesse alla Provincia, proprietaria dei bunker, ma anche dopo quelle verifiche il tutto finì nel nulla. Sei anni dopo la nuova proposta di palazzo Thun è contenuta nel piano della mobilità che sarà presentato in aula a inizio settembre: utilizzare i tunnel per salire in interrato fino al Fersina, con una funicolare che collegherà piazza Venezia con Mesiano e Povo. «Il progetto di sfruttare i rifugi come parcheggi non è del tutto accantonato, ma è certamente in subordine rispetto a questa ipotesi di pedonalità assistita», spiega Marchesi.
Il sistema partirebbe da Largo Porta Nuova e risalirebbe parallelamente a via Grazioli utilizzando gli spazi sotterranei delle vecchie gallerie. Il modello è la funicolare di Innsbruck progettata dall’altoatesina Leitner, che dal 2007 collega in 20 minuti il centro storico con la Hungerburg, la montagna che sovrasta la città, con stazioni intermedie alla Löwenbrücke e all’Alpenzoo. Un sistema a cabine basculanti in grado di affrontare un percorso con pendenze molto variabili, come nel caso del tragitto tra la città e la collina di Povo, permettendo ai passeggeri di accedere alla cabina in posizione orizzontale.
Solo una suggestione? «È un’opportunità interessante», spiega l’assessore. «Quello con Mesiano e Povo è uno dei collegamenti dove questo tipo di mobilità potrebbe rivelarsi utile e concorrenziale all’auto privata. Con i rifugi avremmo a disposizione uno spazio funzionale. Si tratterà poi di studiare il numero di interscambi più utile a seconda della frequenza delle corse».
Il progetto è ambizioso, i tempi per vederlo realizzato potrebbero essere lunghi e i costi elevati. Di positivo c’è che in questo caso sotto terra si è già scavato. Negli anni ’30 la montagna è stata scalfita per ottenere posti sicuri dove la gente potesse ripararsi durante gli attacchi aerei. Sono passati quasi settant’anni, ma gli anziani ricordano le corse al rifugio quando suonava la sirena, adulti con i bambini al seguito, qualcosa da mangiare e da bere per resistere a volte molte ore, fino a quando l’allarme cessava e la gente poteva risalire in superficie.
Si scendeva per ripide scale, dai tanti accessi ricavati nella roccia e oggi in molti casi murati o sbarrati, e si arrivava dentro al bunker. Non c’erano solo i rifugi sotto piazza Venezia e via Grazioli, i più grandi, ma anche quelli del Doss Trento, dei Solteri e di Largo Nazario Sauro, vicino alla salita che porta al Buonconsiglio.
Settan’anni fa erano il riparo per gli abitanti della città, il posto sicuro quando gli aerei di guerra rombavano in cielo. Oggi sono gallerie vuote e silenziose, di cui la maggior parte delle persone non conosce neppure l’esistenza. Il progetto dei parcheggi interrati pare definitivamente tramontato, ora si studierà se i tunnel possono davvero diventare il binario su cui far correre la funicolare. «Ma perché non farne uno spazio culturale come con le Gallerie di Piedicastello? Sarebbe un’idea vincente», azzarda Dino Leonesi, sorpreso anche lui dai grandi spazi sotto terra.
Settant’anni dopo per le vecchie gallerie potrebbe aprirsi una nuova vita.

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