Trento, Mosna tra azienda e sport"Vi spiego la chiave del successo"
La crisi, il mercato, i successi delle sue aziende. E poi il parquet, la pallavolo che ha regalato a lui e al Trentino grandi successi negli ultimi anni: intervista a Diego Mosna, patron della Diatec e presidente della Trentino volley
TRENTO. La stanza dei bottoni è a Cles. Da lì Diego Mosna controlla la Diatec, una holding nel settore cartiero di pregio: con filiali in mezzo mondo, oltre mille dipendenti e 190 milioni di fatturato. E, sempre dalla Val di Non, Mosna (esempio di imprenditore g-local) tira le fila dell’Itas Trentino Volley. Giocattolino divoratore di vittorie che in pochi anni è diventato lo spauracchio di ogni parquet.
Un mix di fantasia e saggezza gestionale: l’Itas - con in panca il “colonnello” Rado Stoytchev - esalta i trentini al costo, per tutta una stagione, di quanto guadagna il solo Rafa Benitez per allenare l’Inter in un anno: 4,5 milioni di euro. A Diego Mosna imprenditore di successo che guarda all’Asia e appassionato presidente dell’Itas (nonché di tutta la Lega Volley nazionale) abbiamo chiesto una lettura del mondo economico, trentino e non. Senza scordarci alcuni passaggi sotto rete, ovviamente.
Mosna lei da pochi giorni è stato nominato cavaliere del lavoro: un’eccellenza tra le eccellenze che mancava dal Trentino da diversi anni, no?
«Sì, mi pare che l’ultimo ad avermi preceduto sia stato proprio Edo Benedetti. A Roma nel corso della cerimonia di consegna sono rimasto sinceramente impressionato dall’organizzazione che sta dietro quest’ordine. A partire dal college che ospita una ventina tra i migliori studenti da ogni parte della penisola, a cura proprio della Federazione cavalieri d’Italia, che conta circa 500 affiliati e di questi oltre 300 si sono voluti congratulare con i nuovi membri: sono rimasto impressionato dal numero di riconoscimenti che ho ricevuto in questi giorni, lettere soprattutto, una sorta di “galateo” dei colleghi cavalieri».
Ci racconta una sua settimana tipo? Anzi, un suo mese tipo?
«Una volta al mese vado negli Stati Uniti. Tre giorni. Mi fermo là uno solo, di solito il lunedì. Fino a qualche tempo fa ci andavo una volta alla settimana, poi la frequenza è stata ridotto grazie alle acquisizioni che abbiamo fatto nel 2008, nel pieno della crisi americana con un dollaro allora debolissimo. Ora siamo diventati il primo player americano nel nostro settore in determinate aree. Minimo una volta al mese debbo andare in Svizzera, a Berna c’è la sede della nostra subholding industriale. Altrettanto in Germania. C’è la Spagna, l’Olanda. Seguo personalmente la parte dello sviluppo, del marketing strategico nonché rapporti con tutti ceo delle imprese».
Acquisizioni, rafforzamento di posizione: si può dire, per assurdo, che la crisi vi ha aiutato?
«Per assurdo, sì. Siamo in una situazione favorevole in determinate realtà, come la Spagna, dove abbiamo il tasso di crescita più alto. I mercati, Asia a parte, sono fermi. Siamo stati bravi ad anticipare, preventivando la crisi nel 2007. Le banche hanno solo ritardato l’esplosione del problema: la finanza aveva preso il sopravvento sull’identità industriale. Noi abbiamo chiuso il 2009 meglio del 2008 ed il 2010 avrà ancora un segno più. Un dato atipico perché siamo partiti prima con la ristrutturazione».
La sua è un’impresa globale con base solidamente attestata in Trentino.
«Certo. Abbiamo gli occhi in valle di Non e le gambe in giro per il mondo. Qui si vive bene ed i servizi sono ottimi. Io giro molto ma, parliamoci chiaro, gli ospedali funzionano meglio qui che in qualsiasi parte del mondo che io conosca. Abbiamo delle eccellenze nel management e in prevalenza sono trentini».
Più in generale, presidente Mosna, come valuta lo stato di salute dell’economia trentina?
«Sta molto meglio di altre realtà. C’è una stabilità nel sistema bancario che è una garanzia. Il credito è di qualità e chi ha un progetto serio trova risposta. Questo non avviene, per esempio, negli Usa dove le banche sono troppo care: non per nulla anche negli States lavoriamo con banche di qua. La manovra anticrisi della Provincia è stata straordinaria per tempismo e per l’entità dell’intervento. Ha dato una mano anche all’edilizia, con ristrutturazioni ed adeguamenti energetici. Forse il settore immobiliare ne ha risentito ma i prezzi non sono cambiati».
C’è chi afferma che il sistema trentino non sia attrattivo per l’industria...
«Decisiva è la qualità del prodotto che vuoi mettere sul mercato. Indispensabile è la ricerca. Non c’è dubbio come sia la vecchia industria quella che soffre di più. Le linee di prodotto su cui abbiamo tardato a fare il cambio tecnologico ne hanno risentito subito. Credo che per noi trentini sia una vera scommessa l’avvicinamento della Fondazione Bruno Kessler al mondo delle imprese, con la ricerca messa al servizio di chi opera qui. E per la politica portare qui aziende ad alta tecnologia, non troppo grandi. Ora non c’è più il problema di far lavorare tantissima gente come un tempo, la disoccupazione in Trentino è tra le più basse in assoluto. Se facessi politica sono questi i dati che ricorderei».
Ecco, la politica. Non ha la tentazione di scendere in campo?
«Io politica la faccio tutti i giorni. Mi pare che nel sociale noi abbiamo un impegno importante. Oltre a non chiudere aziende nel nostro territorio, anche con lo sport abbiamo fatto qualche cosa di speciale. E questo la gente ce lo riconosce. Ad oggi, quattro mesi prima che inizi il campionato dell’Itas, abbiamo venduto 1.600 abbonamenti. Un dato che tutti ci invidiano. Con questa squadra ho colmato una sorta di debito che avevo per aver “occupato” del territorio».
Cosa il Mosna imprenditore ha portato nello sport trentino? E viceversa.
«Abbiamo applicato il rigore gestionale anche al soggetto sportivo. Per la Trentino Volley abbiamo voluto una spa, seppure atipica, visto che è senza fini di lucro. La struttura del gruppo gestisce anche questa società cui abbiamo voluto dare un bilancio certificato. E siamo l’unica società di pallavolo ad avere questa particolarità. Ad altri non conviene? Per noi invece è un vanto. Abbiamo capito che il Trentino aveva voglia di un’attività sportiva di vertice. Ma di squadra, così da mettere assieme davvero tutti. Al PalaTrento è così».
Davvero si aspettava che l’Itas sarebbe diventata questo fenomeno o ha stupito anche lei?
«Stupisce un poco il fatto che siamo a questi livelli da anni: ma sì, era prevedibile. Ma credo che potevano avere successo sia nel calcio che nel basket. La pallavolo però la vedo più affine alla nostra mentalità di ordine e precisione. Nel calcio c’è più tolleranza perché gli spazi sono più ampi. Con il volley abbiamo esportato il nome del Trentino e onorato gli sponsor. Chi ha speso soldi con noi ha fatto un investimento, come la Trentino Spa con il marchio che gira l’Europa».
Ci potrà essere una sorta di polisportiva che dalla serie A del volley si allarga, con il vostro know-how, ad altri sport. Magari il calcio?
«Non lo escludo, ma in tempi brevi siamo intenzionati a lavorare in modo sempre più stretto con quella Trentino Rosa, sempre di volley, che si è molto ben comportata in questa stagione. Merito del presidente Postal e del pubblico che si è appassionato».
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