Trento, la Provincia comprerà l'ospedale San Camillo
Casa di cura in crisi, c'è il reparto di maternità da salvare
TRENTO. La Provincia tratta l’acquisto dell’ospedale San Camillo. E’ un’ipotesi sui cui si sta ragionando, non è nemmeno l’unica, ma la casa di cura ha di certo necessità di uscire dalla crisi gestionale ed economica in cui versa da anni. All’ente pubblico interessa in particolare garantire la continuità di un punto nascita che assicura alla città oltre 500 parti ogni anno.
Sull’acquisizione del complesso sanitario che ha mosso i primi passi a cavallo delle due guerre (vedi scheda) si è ora in una fase di attesa visto che la responsabile della struttura, la madre superiora Lilly Rose Perepaddan, è in viaggio in Sudamerica, in visita alle consorelle camilliane del Perù. Al suo ritorno, in marzo, si capirà di più.
Non è un segreto che la casa di cura abbia in atto da tempo una vicenda legata al trattamento economico dei dipendenti e che siano state proprio le organizzazioni sindacali a chiedere che la Provincia mettesse la congregazione, che ha la gestione e la proprietà della struttura, di fronte all’aut-aut.
Deve essere regolata la questione dei dipendenti e dei circa 12 mila euro a testa legati al mancato riconoscimento degli aumenti contrattuali da parte dell’azienda. Senza lo sblocco del nodo sugli arretrati non si può risolvere nulla. Già in dicembre era emersa la disponibilità ad affrontare il tema, e i sindacati avevano accettato la rateizzazione dei pagamenti. E non è un caso che la Provincia abbia per ora rinnovato la convenzione con le Camilliane solo fino al termine del mese prossimo, come mossa forte per sbloccare lo stallo in cui versa l’ospedale che formalmente risulta “classificato ed equiparato”.
Nel frattempo si è fatta strada la voce che l’Azienda Sanitaria vorrebbe sfruttare il San Camillo anche per collocarci un super-reparto per lungodegenti. Ma in Provincia si nega che la vicenda di una eventuale acquisizione delle Camilliane sia legata alla chiusura del San Giovanni di Mezzolombardo. Non c’è alcun disegno - dicono - di sostituire un ospedale periferico, con un altro nel cuore della città. Sono disegni diversi.
La contrapposizione con i sindacati e la proprietà nasce ben prima, e alle difficoltà economiche del San Camillo si sono unite quelle di gestione, visto che il numero di suore che vi lavora è in costante diminuzione. La casa di cura sarebbe, una volta diventata pubblica, una garanzia di qualità e continuità soprattutto per quanto riguarda la maternità, visto che è stata per anni il regno di un caposcuola come Dino Pedrotti. Le 500 nascite ogni anno sono la testimonianza di un servizio che funziona bene e che i trentini hanno dimostrato di apprezzare per decenni. Ma nell’idea della Provincia San Camillo può e deve dare di più in termini di nuovi servizi, si pensa a un’ortopedia di grande qualità, anche in prospettiva di un cambio di gestione se non di proprietà.