l’idea

Trento, il Covid vissuto nella Rsa: il racconto è attraverso le fotografie

La passerella di accesso alla struttura San Bartolomeo ospita una mostra fotografica: dal primo lockdown al ritorno del visite. Le foto sono di Alessandrina Beber



TRENTO. La passerella di accesso alla Rsa San Bartolomeo ospita, da qualche giorno, una mostra fotografica che racconta gli ultimi mesi vissuti in casa di riposo: un periodo segnato dal lavoro che ha dovuto cambiare spesso e con grande rapidità; di pari passo, sono dovute cambiare le abitudini degli ospiti e dei familiari.

La presidente dell’Apsp Civica di Trento, Michela Chiogna, spiega: «Questa è un’iniziativa che consente di portare all'esterno quello che è stato vissuto, non solo nei momenti dolorosi, ma nella riscoperta dei momenti quotidiani di profonda umanità».

La mostra è un’idea dell’animatrice Alessandrina Beber ed è proprio lei a parlarne. «Nel mio ruolo mi piace, di tanto in tanto, fare qualche foto per documentare quello che succede.

Lo ho sempre fatto e, col Covid, ho proseguito questa mia abitudine. L’idea di esporre le foto mi è venuta perché, passati quasi due anni dall’inizio dell’emergenza, rivedere questi scatti fa rivivere la sequenza dei fatti e delle emozioni che abbiamo provato.

Il Covid nella Rsa San Bartolomeo raccontato per immagini

La passerella di accesso alla Rsa San Bartolomeo di Trento ospita una mostra fotografica che racconta il Covid come è stato vissuto nella struttura. Dalla paura alle videochiamate, dalle risate strappate alla tristezza al ritorno delle visite. Una testimonianza raccolta ed elaborata da Alessandrina Beber

È facile dimenticare gli episodi impegnativi e quelli piacevoli, una foto può essere un momento interessante di ricordo. Nell’esposizione c’è il racconto del primo lockdown, con tutte le incertezze che ha generato; c’è ad esempio la foto dell’ultima volta che abbiamo potuto ospitare un coro.

Anche durante i momenti più difficili della chiusura, ci sono state persone che sono riuscite, dall’esterno, a portare vicinanza agli anziani: come i bambini delle scuole e i nipoti che hanno mandato disegni, soprattutto a Natale e Pasqua.

C’è anche la documentazione delle videochiamate, un altro simbolo di queste difficili fasi: una cosa del tutto nuova per molti e l’unico momento di contatto coi familiari. Rivedere quei momenti aiuta a capire che in quei giorni si apprezzavano le piccole cose, come un compleanno o lo sbocciare di un fiore.

Si vede anche quando gli operatori erano bardati con dispositivi di protezione particolarmente impegnativi, ma si vede anche lo stupore di una nevicata. La chiusura di parrucchiera e podologo hanno messo gli operatori nelle condizioni di erogare loro quei servizi; la fisioterapia, spostata ai piani, non ha mai smesso di funzionare. Ci sono ancora tanti altri momenti: il riprendere delle visite che sembrava come arrivare sulla luna, l’occasione in cui il Comune ci ha inviato i materiali per assemblare alcuni piccoli lavori, l’entrata di due coniugi che hanno festeggiato il loro anniversario, l’arrivo della stanza degli abbracci.

Ora abbiamo potuto ricominciare a vivere una parziale normalità, fatta anche di cose semplici come la lettura collettiva del giornale, sgranare la lavanda o piegare la biancheria. Anche il coro Piccole colonne è venuto per un concerto, abbiamo potuto ripristinare la messa una volta a settimana.

Nelle didascalie che accompagnano le foto ho cercato di citare tutte le persone che hanno dato una mano, ad esempio gli operai che, di volta in volta, si sono inventati soluzioni di fronte a problemi completamente inediti».

La mostra, come detto, è esposta lungo la passerella. Purtroppo, come è facile intuire, non è aperta al pubblico, ma resta disponibile per la fruizione degli ospiti, dei familiari, del personale e di chi collabora con l’Apsp Civica di Trento.













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