Trento, finti poliziotti rapinavano e violentavano le prostitute
Sette arresti eseguiti dalla squadra mobile di Trento: una banda di calabresi con base operativa a Rho organizzava false perquisizioni a casa delle donne, rapinandole e talvolta abusando di loro sessualmente. Contestati 50 episodi in Trentino Alto Adige, Lombardia, Emilia Romagna e Lazio
TRENTO. Fingendosi poliziotti derubavano e rapinavano prostitute, talvolta violentandole.
La presunta banda di criminali, di origine calabrese con base operativa a Rho (Milano), che agiva in Trentino Alto Adige, Lombardia, Emilia Romagna e Lazio, è stata individuata dalla Polizia che ha arrestato sette persone. Oltre 50 gli episodi contestati.
Secondo quanto accertato dalla squadra mobile di Trento, i componenti della banda contattavano telefonicamente le prostitute presentandosi come clienti. Dopo aver preso l'appuntamento si presentavano a casa delle donne dicendo di essere poliziotti impegnati in un controllo.
A questo punto entravano in azione effettuando furti e rapine e in alcuni casi abusavano sessualmente delle loro vittime.
L'individuazione della banda è stata possibile grazie alla collaborazione di alcune prostitute di Trento. Dopo l'arresto in flagranza di reato di tre persone collegate alla banda, bloccati a Brescia dalla locale squadra mobile, quella di Trento ha concluso l'operazione, denominata 'Fake Cops', e ha arrestato gli altri quattro presunti componenti della banda colpiti da provvedimenti restrittivi emessi dalla Procura di Trento. Perquisizioni sono state eseguite in provincia di Milano e Brescia.
''Sono l'ispettore Andrea della Polizia di Stato, dobbiamo effettuare controlli e perquisizioni'', cosi' si presentava uno dei membri della presunta banda di calabresi sgominata dalla squadra mobile di Trento accusata di piu' di 50 fra rapine e furti compiuti ai danni di prostitute straniere in appartamenti di varie città italiane.
I finti poliziotti - hanno scoperto gli inquirenti dopo due mesi di indagini coordinate dal sostituto procuratore di Trento Davide Ognibene - dopo aver sfogliato gli annunci sui quotidiani locali, prendevano al telefono appuntamenti come normali clienti. Un volta arrivati a casa delle donne, mostravano placche e tesserini della polizia abilmente contraffatti, e usando la tipica terminologia delle forze dell'ordine annunciavano di dover fare una serie di controlli.
Nella maggior parte dei casi ne approfittavano per ripulire l'appartamento di soldi in contanti e gioielli (talvolta anche pc portatili), altre volte si facevano consegnare i valori con minacce oppure adducendo la necessità di 'sequestri preventivi', e rilasciavano una sorta di ricevuta per il successivo ritiro in Questura. In due occasioni, a Trento e Roma, le donne sarebbero state oggetto di abusi sessuali.
I malviventi approfittavano del fatto che le donne - tutte straniere extracomunitarie, molte delle quali cinesi - mostravano un senso di paura nei confronti delle forze dell'ordine. A Trento però le cose sono andate in modo diverso. Sei donne sudamericane non hanno avuto esitazioni e hanno denunciato tutto in Questura.
''Nella nostra città le prostitute hanno fiducia nelle forze dell'ordine, e questo loro atteggiamento ha dato un'accelerazione alle indagini'', ha sottolineato il questore Angelo Caldarola in una conferenza stampa. A questo punto la polizia, dopo una serie di verifiche ed intercettazioni telefoniche, ha individuato tre dei componenti della banda.
Così, dopo un colpo effettuato a Brescia, questi sono stati bloccati e arrestati dai poliziotti, veri questa volta, all'uscita dell'appartamento della vittima di turno. Raccolti gli elementi di prova, il gip di Trento ha firmato quattro ordinanze di custodia cautelare.
In carcere sono quindi finiti Giuseppe Emanuele, 47 anni, Luciano Maniaci, 33 anni, Paolo Mugolino, 43 anni, e Salvatore Indrieri, 46 anni, tutti residenti a Rho (Milano). ''Non usciranno dal carcere in breve tempo'', ha assicurato il procuratore capo di Trento Stefano Dragone.