«Treni, ogni giorno ce n'è una»

Viaggio con i pendolari sul Trento-Bolzano. Superate le 1200 firme


Riccardo Valletti


TRENTO. Sballottati, infreddoliti, in perenne ansia da ritardo eppure fedeli. Il treno li accoglie quando hanno ancora gli occhi carichi di sonno e la luce dell'alba è lungi da venire. Per capire di cosa parlano i pendolari quando si lamentano (le firme del nostro appello online ieri sera erano già oltre 1200) bisogna farsi un giro sulla loro vita. Eccolo.  Ore 7,04 sulla banchina di Bolzano, binario 6, il regionale 20473 apre le porte. La folla sulla banchina viene risucchiata dai vagoni, pochi: i posti a sedere finiscono subito e gli ultimi viaggiano in piedi davanti alle porte, oppure nello snodo tra un vagone e l'altro. Nella sua pancia il treno trasporta tutto un campionario di lavoratori che va dalle mani gonfie e il girocollo di operai e manovali alle cravatte e blackberry degli impiegati; tantissime le mamme, che chiamano a casa per svegliare i ragazzi per la scuola. Ma tanti sono già in viaggio. Oltre la metà dei passeggeri non supera i vent'anni. Si accalcano tutti in testa al treno, per fare rumore senza dover ascoltare le proteste degli adulti. In coda c'è silenzio, almeno finché non spunta il primo raggio di sole, poi il volume aumenta, e i compagni di viaggio, sempre gli stessi da anni di andate e ritorno agli stessi orari, prendono a fare conversazione.  A Trento il copione si ripete: tutti a terra in fretta e furia, e altrettanti a bordo, destinazione Rovereto. Con la ricarica di ossigeno sufficiente per arrivare alla prossima stazione, i finestrini non si aprono, e in certi scompartimenti il riscaldamento è alle stelle, forse perché ruba il calore a quelli in cui invece si gela. «Queste carrette sono vecchie e sporche - attacca Andrea Costantini, impiegato di banca che da tre anni fa avanti e indietro da Bolzano a Trento - e per risparmiare hanno pure tolto alcuni vagoni». Oggi gli è toccato il posto in piedi: «Tre anni fa c'era posto a sedere per tutti, però almeno davanti alle porte si riesce a respirare».  Due scompartimenti più giù c'è Gianluca Di Marcantonio, operaio di cooperativa, «ieri non funzionava il riscaldamento in un vagone, oggi portiamo già 10 minuti di ritardo sulla tabella di marcia, ogni giorno ce n'è una», in cantiere a Mezzocorona lo hanno già sgridato un paio di volte per i ritardi, racconta, «ma per arrivare prima dovrei svegliarmi mezz'ora prima, invece basterebbe che rispettassero gli orari». A volte il treno rimane in sosta per qualche minuto anche se la stazione è desolata, probabilmente per via del traffico sui binari.  Qualcuno parla dei treni a lunga percorrenza, «pace all'anima loro - scherza Agnese Iacoangeli, il suo Frecciargento per Roma si è salvato per un pelo -, la politica di Trenitalia è assurda, quei treni viaggiavano sempre pienissimi, tra Bolzano e Trento c'è un mare di gente che viene dalla Puglia e dalla Calabria che così dovrà pagare il doppio o il triplo per un volo low-cost». Senza contare che c'è ancora tanta gente che ha paura dell'aereo, prosegue l'impiegata, «soprattutto gli anziani, praticamente ora sono isolati dal mondo, oppure devono fare scali indicibili o prendere i pullmann e viaggiare per venti ore».  Per i pendolari il problema è tutto nella scomodità quotidiana, eppure messi di fronte alla scelta tra auto e treno, continuano a scegliere il treno. «Ci maltrattano perché sanno che non ci perderanno - afferma Guido Volcan - tra concorrenza zero e la benzina a 1,70 non abbiamo alternative, noi siamo buoni per i carri bestiame, ma è con i soldi sicuri dei nostri abbonamenti che mandano avanti la baracca».

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