Terreno venduto due volte, condannati
Per il giudice due imprenditori agricoli della val di Non avrebbero tentato una truffa da 400 mila euro
TRENTO. Avrebbero cercato di vendere per due volte lo stesso terreno. Se ci fossero riusciti avrebbero ottenuto una somma non da poco, 395 mila euro. Per la difesa si trattava di un errore, ma per l’accusa e per le persone che hanno comprato il terreno era una truffa. La stessa conclusione alla quale è giunto il giudice Marco La Ganga che ieri ha condannato, in Tribunale a Trento, Vigilio Bergamo, 76 anni di Terres e Francesco Dalpiaz Bergamo, 39 anni, padre e figlio, a un anno di reclusione e a pagare un risarcimento di 7 mila euro per ognuna delle due parti civili costituite. Secondo l’accusa, prima i due Bergamo hanno ceduto alcuni dei loro terreni ad una società di cui erano soci e, solo poche ore dopo, hanno cercato di vendere gli stessi appezzamenti ad altre due persone.
La vicenda è iniziata nell’agosto del 2013 quando i due imputati, che possiedono numerosi terreni agricoli - 80 le particelle -, decidono di riorganizzare le loro proprietà e di venderne alcune per recuperare denaro liquido. Otto le particelle che vengono destinate alla cessione: una viene ceduta per 25mila euro a un acquirente terzo mentre le altre sette vengono vendute ad un'azienda agricola di cui i tre imputati sono soci con altre persone. Il rogito porta la data del 12 settembre, l'atto è stato depositato all'ufficio tavolare cinque giorni più tardi, il 17 settembre. Lo stesso giorno, però, Francesco Dalpiaz Bergamo va davanti ad un notaio per vendere proprio quegli stessi terreni ad altre due persone ignare di cosa fosse accaduto qualche giorno prima. Tutto sembra filare per il verso giusto e i due acquirenti staccano 17 assegni per un valore complessivo di 395mila euro, ma le continue e nervose telefonate di uno Francesco Bergamo mettono loro la classica pulce nell'orecchio. E così, finite le pratiche dal notaio, i due corrono subito all'ufficio tavolare e, in pochi minuti, scoprono che quei terreni non potevano essere venduti loro perché passati da pochi giorni in proprietà di un'azienda agricola, la società Blanca srl. Il passo successivo è stato quello di bloccare immediatamente il pagamento degli assegni e, quindi, denunciare la truffa alla Procura di Trento.
Durante il processo davanti al giudice Marco La Ganga sono passati numerosi testimoni, compreso il notaio. Tra l’altro, è emerso che Francesco Bergamo aveva già depositato gli assegni in banca con l’ordine di girare la provvista a una parente. In questo modo, secondo l’accusa, avrebbe messo al sicuro i soldi, dal momento che il terzo in buona fede non è tenuto a consegnare quanto ricevuto lecitamente. Ma la truffa non è andata a buon fine.