Telefoni e costi nascosti Denunciate sei compagnie
Addebitate agli utenti che terminano il contratto cifre fino ad oltre cento euro Il Centro consumatori: «Gabella assurda e illegittima: manca l’informazione»
TRENTO. «É come vedere un film in un cinema che reclamizza l'entrata gratuita e dover pagare il biglietto all'uscita. Una cosa assurda». Non esita a parlare di cospicua «gabella» pretesa dalle compagnie telefoniche, il direttore del Centro tutela consumatori di Trento, Carlo Biasior, riferendosi ai costi di “migrazione” e di “cessazione” addebitati dalle compagnie telefoniche al termine del rapporto contrattuale. Si parla di compagnie che operano nella telefonia fissa: Telecom Italia, Infostrada, Vodafone, TeleTu, Fastweb e Tiscali. Tutte e sei sono state segnalate dal Centro consumatori all’Antitrust per prassi commerciale sleale. Starà ora all’autorità garante valutare se ci siano i presupposti per aprire un procedimento volto a verificare eventuali responsabilità. Biasior è convinto che lo farà, perché era da tempo che le associazione di tutela dei consumatori avevano presente il problema, ma non erano ancora riuscite a trovare lo spunto giuridico per la denuncia.
Solo a Trento nell'ultimo anno (da maggio 2012 ad oggi) sono state 124 le richieste di informazioni pervenute al Centro, e quindi i casi trattatati, sui costi di disattivazione. Costi decisamente salati: da 25 euro fino ad oltre il centinaio. «Erano le cosiddette “penali per l'uscita” - spiega Biasior - che il decreto Bersani, sposando giustamente politiche per la concorrenza, aveva tolto. Le compagnie le avevano reintrodotte chiamandole “costi operatore” per gestire la pratica. E l'autorità delle comunicazioni le aveva ritenute giustificabili nelle sue linee guida, tanto che le compagnie ne hanno subito approfittato”.
Il rapporto tra consumatore e compagnia viene interrotto in due modi: o con la migrazione ad altro operatore oppure con la cessazione dell’utenza. «Inizialmente questi costi erano una sorta di “punizione” per il mancato rispetto della durata del vincolo temporale del contratto. Ora i contratti sono illimitati, ma quando il cliente se ne va, si vede sempre e comunque addebitati quei costi. Si è cercato di dichiarare illegittime queste penali mascherate da parte di più attori, ma stante la posizione dell'Agcom, non si è mai riuscito finora nell’intento. Quello che puntiamo ad ottenere è una condanna per violazione delle regole sulla pubblicità, precisamente per prassi commerciale sleale. Non contestiamo cioè la fondatezza della somma richiesta, ma l’incompletezza dei messaggi pubblicitari».
Le regole della comunicazione commerciale applicate dall'Antitrust sono chiare: «Vanno nella direzione di imporre l'adempimento di tutti gli obblighi informativi già nel “primo aggancio” del consumatore, che si realizza attraverso i claims pubblicitari, dagli spot alle brochure. E in essi non vi è traccia dell'esistenza di questi costi. Le compagnie ribattono che sono inseriti nelle condizioni generali di contratto, che però sono di fatto inaccessibili e comunque consultabili successivamente al momento in cui vige l'obbligo informativo. Il nostro obiettivo è di fare togliere questa gabella pretesa dalle compagnie, tramite la quale incassano parecchi denari. Il gioco della concorrenza sancito dalle leggi europee va nella direzione opposta: di premiare chi offre maggior qualità a minore prezzo, incentivando e non ostacolando i passaggi da un operatore all'altro». Il consiglio per i consumatori è di contestare questi costi. «Se dovessimo avere una pronuncia favorevole in merito all'infondatezza delle richieste, avremmo gli strumenti per richiedere il rimborso, anche eventualmente in forma collettiva, mediante class-action».
©RIPRODUZIONE RISERVATA