«Tagliamoci la paga per cambiare»

Firmani aderisce all'appello: prima di chiedere sacrifici, diamo l'esempio


Chiara Bert


TRENTO. «O si fa o si muore. Il taglio delle nostre retribuzioni di consiglieri non risolve i problemi dell'Italia ma dobbiamo essere i primi a dare il buon esempio per poi chiedere sacrifici agli altri». Dai fiordi norvegesi dove è in vacanza, Bruno Firmani è il primo consigliere provinciale a sottoscrivere (firma numero 3.789) l'appello del «Trentino» per la riduzione delle indennità. Professore di matematica all'università, fondatore dell'Italia dei valori in Trentino, nel 2008 Firmani è entrato in consiglio, con busta paga da 6400 euro al mese (1.500 li versa al partito).

Firmani, perché ha firmato l'appello?
Per coerenza e per dare un segnale di sensibilità. Sono stato il primo nel mio partito a proporre qualche anno fa l'abolizione delle Province, che ora è diventata una battaglia nazionale dell'Idv, per semplificare l'amministrazione e ridurre le spese. E in coerenza ho fatto la proposta di ridurre i Comuni in Trentino, perché così non si può andare avanti. Oggi siamo alla resa dei conti di 40 anni di sperpero di denaro pubblico in Italia. In Trentino è andata un po' meglio ma si è comunque governato pensando più all'interesse dei politici e di categorie che all'interesse generale.

Dunque ridursi l'indennità secondo lei è un segnale generale da parte della politica?
Un'amministrazione così scadente che ci ha portati alla rovina e ora è commissariata dall'Europa impone una riflessione. Se un'azienda va male i primi responsabili sono i dirigenti. Se l'Italia è stata gestita male ci saranno mille concause, ma i politici devono chiedere scusa agli italiani ed essere i primi a prendere atto che le cose devono cambiare radicalmente: ridursi le retribuzioni e i privilegi è il minimo che si possa fare. Io questo lo denuncio da 40 anni e non mi sento responsabile direttamente di nessun malaffare.

Quando è diventato consigliere provinciale, c'è qualcosa in particolare che personalmente ha avvertito come un privilegio?
Per esempio non approfitto dell'A22 gratis, quando vado in autostrada la pago di tasca mia. E ho rinunciato a qualche rimborso che mi sembrava eccessivo. Come gruppo consiliare, poi, rispetto a quanto ci spetta abbiamo un surplus.

In Trentino tanti consiglieri in queste settimane hanno rivendicato le scelte virtuose degli ultimi anni, a partire dal taglio dei vitalizi e dal fatto che le indennità trentine sono più basse del resto d'Italia. Perché oggi questo non basta più?
È vero che noi politici trentini siamo pagati meno dei colleghi italiani ma guadagniamo di più di quelli europei. E se i tedeschi, i francesi e i norvegesi hanno amministrato bene e guadagnano di meno, ridursi gli stipendi è la dimostrazione di essere sensibili al problema. Abbiamo sbagliato molto, dobbiamo cambiare radicalmente il modo di governare.

Cosa significa? Da cosa si dovrebbe cominciare?
Riducendo drasticamente tutte le forme di parassitismo politico. Esempio: dev'essere la pubblica amministrazione a prendere le decisioni, senza continuare a distribuire consulenze a piene mani. Secondo: occorre ridare forza e vigore alle amministrazioni locali, non possiamo continuare ad esternalizzare alimentando un terzo settore che ormai crea burocrazia e precariato. Infine cambiare i contratti degli enti pubblici, rendendo il lavoro più dinamico e adattabile alle esigenze dei servizi.

Lei è tra i promotori dell'abolizione della cosiddetta «porta girevole» (il meccanismo per cui un assessore deve dimettersi da consigliere, ndr), proposta che in maggioranza ha suscitato più perplessità che adesioni.
A Bolzano la porta girevole non c'è e non si può dire che stiano peggio di Trento. È un meccanismo utile ma in una fase nazionale così grave dobbiamo dare un segnale. Siamo in emergenza assoluta e il cambiamento dev'essere rapido, radicale, profondo.













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