Tagli alla spesa, via libera a Bondi anche in Trentino
Bocciato l’emendamento Peterlini-Molinari, lo Statuto non salva la Provincia dall’intervento del supercommissario
TRENTO. L’ombra di Enrico Bondi, nominato dal governo Monti «supercommissario ai tagli», si allunga anche sul Trentino e l’Alto Adige. Ieri il Senato ha approvato il decreto legge sulla spending review (ora il testo andrà alla Camera) che prevede tra le altre cose l’istituzione di un Comitato interministeriale del «Commissario straordinario per la razionalizzazione della spese per acquisti di beni e servizi», che il premier ha già indicato in Bondi, risanatore di Parmalat. Il suo compito sarà definire il livello di spesa per beni e servizi delle pubbliche amministrazioni - quindi tutti gli enti locali, ma anche le società a partecipazione pubblica - e monitorare la razionalizzazione della spesa. Potrà disporre ispezioni, segnalare al governo quali procedure annullare, dire alle amministrazioni come tagliare e, in caso di inadempienza, esercitare poteri sostitutivi. Inoltre potrà intervenire direttamente con tagli sulla spesa sanitaria nelle Regioni in deficit. Come ormai norma con questo governo, il testo del decreto non prevede eccezioni per le Province e Regioni autonome, specificando solo che per questi territori le disposizioni del decreto «costituiscono princìpi di coordinamento della finanza pubblica». Insomma il meno che si può dire è che Bondi potrà venire a controllare i conti di Bolzano. Dove si spende, quanto e come. E forse anche intervire direttamente. Sarebbe un’ingerenza mai vista prima al cuore dell’autonomia - e l’Alto Adige (come il Trentino e la Valle d’Aosta) ha già annunciato che è pronto a impugnare la legge davanti alla Consulta, almeno per mettere dei paletti all’azione del supercommissario. Per altro, secondo alcuni tecnici, la Provincia sarebbe esentata dall’azione del commissario non solo perché autonoma ma anche perché senza deficit. Anche la formula «coordinamento di funzione pubblica» è controversa: in Provincia segnalano che più volte la Consulta ha detto che Roma può dire quanto tagliare ma non entrare nel dettaglio delle modalità, come invece fa il decreto. Se le cose non cambieranno, l’impugnazione sembra scontata. Ma insomma da Roma c’è l’ennesimo segnale che il clima verso le autonomie è cambiato.
E infatti ieri in Senato è stato bocciato un emendamento proposto dal gruppo delle Autonomie (primo firmatario Oskar Peterlini, Svp-Pd; con lui anche gli altri due senatori del gruppo, il trentino Claudio Molinari e il valdostano Fosson) che cercava di fissare dei limiti all’azione del commissario: le autonomie «provvedono all’attuazione dei principi previsti dal decreto compatibilmente con le norme degli Statuti». Spiega Peterlini: «Siamo d’accordo nel razionalizzare la spesa pubblica, e l’Alto Adige è da sempre un modello di impiego di soldi pubblici, visto che da noi le cose funzionano e non abbiamo debiti. Oggi siamo anche pronti a sforzi supplementari. Ma non possiamo accettare un’ingerenza così plateale nell’autonomia. Va bene tagliare, ma dove lo decidiamo noi.» E aggiunge: Se lo Stato continuerà a tagliare le autonomie, darà adito a chi sostiene che l’Alto Adige deve tornare all’Austria».
L’emendamento è stato respinto. Hanno votato a favore, oltre ai proponenti, solo Idv, Terzo Polo, Lega («mi tocca pure difendere un provvedimento Svp...», ha commentato il senatore Sergio Divina) e qualche singolo senatore di Pd e Pdl. Più cauto il governatore trentino Lorenzo Dellai (vedi articolo a lato): «Se da parte del commissario non ci sarà invasione delle nostre competenze, siamo pronti a collaborare». ©RIPRODUZIONE RISERVATA