«Tagli ai medici, così si affossa la sanità»

Claudio Eccher attacca le scelte dell’Azienda: «I soldi però ci sono per opere faraoniche come il Not e la protonterapia»


di Luca Pianesi


TRENTO. «Si sta distruggendo il sistema sanitario trentino che da tutti era riconosciuto come uno dei migliori d'Italia. Stiamo affossando gli ospedali periferici, depotenziando i reparti di chirurgia e tagliando i servizi ai cittadini. Lo si giustifica parlando di risparmio e di razionalizzazione, ma poi si scopre che i soldi ci sono e vengono buttati via in opere faraoniche e costruzioni discutibili. Qualcuno mi spiega che disegno sta seguendo la Provincia?».

E' con questa domanda che il vicepresidente del consiglio provinciale ed ex chirurgo, Claudio Eccher, rilancia le sue preoccupazioni sullo stato della sanità trentina che da circa un mese è "nell'occhio del ciclone" sia per le proteste delle località periferiche (come Borgo e Tione, dove l’Azienda sanitaria punta a chiudere la sala operatoria di notte) sia per le stranezze legate all'assegnazione del mega appalto da 1 miliardo e 840 milioni di euro per la costruzione e gestione del Not.

«Io lo chiamo nuovo Santa Chiara - dice Eccher - più che l'ospedale del Trentino, visto che lo hanno costruito dentro la città, a Trento. Per essere l'ospedale della provincia lo avrebbero dovuto fare a metà strada con Rovereto, magari a Calliano, come da progetti iniziali. Ma lì i terreni costavano troppo poco e la viabilità era già predisposta all'uso - commenta sarcastico il vicepresidente - e si vede che in quel caso non c'era bisogno di risparmiare. Sui chirurghi e il personale, invece, si può tagliare. Questa sì che è razionalizzazione».

Ed è proprio questo che Eccher denuncia. Che si stiano depotenziando ospedali importanti e cruciali. «Sa come si fa ad affossare un presidio sanitario? - spiega Eccher - Colpendo il suo reparto di chirurgia. Esistono, infatti, due tipi di chirurgia: quella base, che si occupa di piccole ma importanti operazioni come le appendiciti, le ernie, le vene varicose; e poi c'è quella più avanzata che affronta tumori, gravi patologie, che deve eseguire interventi più articolati e complessi. Ebbene ogni ospedale periferico dovrebbe avere dei reparti del primo tipo cosicché gli ospedali centrali rimangano più liberi di occuparsi della seconda casistica. Da qualche anno si sta riducendo il personale chirurgico degli ospedali periferici, si stanno diminuendo gli orari di apertura dei reparti, insomma, si sta complicando l'offerta per il cittadino il quale, visti i disservizi, preferisce recarsi, anche per piccoli interventi, nell'ospedale di Trento o in cliniche. Così si condannano a morte i presidi sanitari e si penalizzano le fascie più deboli della società che necessiterebbero di assistenza immediata e accessibile».

E i dati parlano chiaro: a Rovereto, da tempo, non si assumono nuovi chirurghi e si vorrebbero "importare" i 4 operativi di Arco, depotenziando di fatto quest'ultimo ospedale e tenendo a mezzo servizio anche il primo. Dall'altro lato, la stessa Arco è priva di un primario di chirurgia e la responsabilità e la gestione delle operazioni la si vorrebbe affidare a quello di Rovereto. A Borgo Valsugana, da circa un mese, il reparto di chirurgia è chiuso il weekend mentre, nei giorni feriali, è aperto solo dalle 8 alle 20. A Cavalese è stata tolta la reperibilità del pediatra penalizzando il comparto della maternità infantile. Tutte le strutture sono sotto organico e necessiterebbero di altro personale e di nuove competenze ma, probabilmente, non ci sono risorse economiche sufficienti per assumere. Risorse che, però, si trovano per ricostruire il presidio sanitario di Mezzolombardo (28 milioni di euro), che si sono trovate per il centro di protonterapia (97 milioni di euro) e per ristrutturare l'ospedale Santa Chiara (75 milioni di euro nel 2010. «Oggi - dice Eccher - siamo ben oltre i 100 milioni»), per acquistare due elicotteri Agusta Westland 139 (13 milioni di euro l'uno) e, sembra, si troveranno anche per il Not. «Non capiamo la strategia - conclude Eccher - ci chiediamo se c’è un progetto per il futuro della sanità trentina».

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