Sui punti nascita maggioranza in tilt

Zeni: «La chiusura non è questione di soldi, ma di sicurezza». Patt e Upt insistono: «Serve una nuova deroga». Borgonovo Re: «Siamo al ridicolo»


di Chiara Bert


TRENTO. In aula, a metà pomeriggio, il giorno dopo lo stop del ministero al punto nascita di Cavalese («Non ha i requisiti», sarà chiuso da sabato), l’assessore alla sanità Luca Zeni (Pd) chiude un dibattito di tre ore dicendo: «Qui non è questione di soldi ma di sicurezza, chi rischia la vita sono la mamma e il bambino, non un consigliere provinciale». E dice un secco no alla mozione delle minoranze (Fugatti, Bezzi, Bottamedi e Cia): «Dal ministero ci hanno appena detto di no, richiediamo una deroga senza avere i parametri richiesti?». Nelle stesse ore Patt e Upt scrivono due note in cui sostengono l’esatto opposto.

Il segretario e senatore del Patt Franco Panizza presenta un’interrogazione urgente alla ministra Beatrice Lorenzin per chiedere un'altra deroga di alcuni mesi «per poter presentare una proposta risolutiva e valutarne la praticabilità e le garanzie di sicurezza, anche in considerazione del fatto che ci sono molti territori e tante zone di montagna che rischiano lo spopolamento». «Esplorare ogni strada perché Cavalese non chiuda», chiede in una nota il Patt della Val di Fiemme di cui si fa portavoce anche il consigliere provinciale Graziano Lozzer (ieri assente in aula). Qualche ora dopo arriva il comunicato Upt, firmato da consiglieri e dai due assessori (colleghi di Zeni) Mauro Gilmozzi e Tiziano Mellarini: «Non è nostra intenzione abbassare la guardia e rassegnarci, e non lo faremo. Auspichiamo una forte accelerazione nel dialogo col ministero, ci aspettiamo un forte impegno da parte dell’assessorato e chiediamo che l’Azienda sanitaria faccia tutto quanto in suo potere per ricontattare i professionisti che negli ultimi mesi hanno risposto ai bandi e si sono resi disponibili a venire a lavorare in val di Fiemme e li assuma al fine di far ripartire il servizio, ricorrendo anche ai medici gettonisti. Istituzioni e politica trentina possono da subito chiedere la regia di una partita fondamentale per il futuro della vita nell nostre terre alte». Poi l’Upt annuncia un’interrogazione a Zeni per sapere «come la Provincia intende organizzarsi per garantire i servizi durante l’interruzione dell’operatività del punto nascite di Cavalese».

Di fronte alle minoranze scatenate contro la chiusura, l’assessore aveva risposto già in mattinata ripercorrendo tutta la vicenda: «Autonomia non significa indipendenza, sui criteri di sicurezza decide lo Stato. La deroga per Cavalese durava 90 giorni, è scaduta a settembre ma l’Azienda sanitaria si è assunta la responsabilità di arrivare fino alla verifica semestrale». Ma martedì da Roma è arrivato lo stop: il punto nascita non ha i requisiti per rimanere aperto h12, non ci sono i 6 pediatri richiesti. E l’Azienda ha annunciato la chiusura da sabato 11 marzo. Zeni rivendica: «Abbiamo fatto di tutto per reperire pediatri, due concorsi, una pubblicità senza precedenti. Il concorso l’hanno superato in quattro ma solo uno disponibile a lavorare a Cavalese. E di quelli contattati dall’associazione “Parto per Fiemme” nessuno si è presentato. Abbiamo offerto 600 euro in più ai nostri 45 pediatri per fare turni in val di Fiemme, hanno tutti risposto di no». «Il problema - ripete per l’ennesima volta - è che la domanda è alta in tutta Italia e i medici possono scegliere». Infine, sull’alleanza con le altre regioni del Nord (Lombardia e Veneto) per chiedere nuovi standard per i punti nascita di montagna, l’assessore spiega: «Abbiamo scritto alle altre Regioni ma non abbiamo avuto risposta e a quel punto abbiamo scritto autonomamente al ministero per chiedere altri criteri. Il Veneto ha chiesto la deroga dopo di noi, proponendo la presenza del pediatra per 3 ore al giorno. Ho molti dubbi che sarà accettata, visto che è stata respinta la nostra proposta della pronta reperibilità h24». Zeni ricorda che «abbiamo i bandi aperti», la ricerca dunque non si ferma, ma - conclude - «la politica arriva fino a un certo punto».

L’ex assessora Donata Borgonovo Re, che due anni fa proprio sui punti nascita fu silurata dalla giunta, incalza: «Siamo al limite del ridicolo, non è che Roma ci ha chiuso, ci ha consentito di spostare altrove la titolarità di scelte politiche sgradite. Avremmo potuto decidere prima noi. Due anni fa chiedevo di distinguere tra servizi di prossimità, che devono essere vicini ai cittadini, come la chemioterapia e la dialisi, e servizi di alta specializzazione e di meno frequente utilizzo, come il punto nascita. Dobbiamo puntare su un percorso di accompagnamento delle donne in gravidanza». Ma Pietro De Godenz (Upt): «Dobbiamo chiedere a Roma di modificare gli standard, serve convinzione, sono d’accordo con Fugatti». E rilancia: «La volontà di centralizzare è di alcuni primari e dirigenti dell’Azienda sanitaria, si nascondono dietro ai numeri e non tengono conto che nell’ultimo mese due bambini sono nati per strada in macchina a Predazzo. Un errore spostare le mammografie, io le valuto servizi di prossimità». Per Luca Giuliani (Patt) «Rossi e Zeni hanno fatto il possibile»: ma poi, al momento del voto, non vota. Mozione respinta: 17 no, 13 sì.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano