Staffetta in Regione Avanzo: «Lasciare mi dispiacerebbe»
Conto alla rovescia: a fine mese Widmann alla presidenza E il Patt è pronto a proporre Kaswalder come vice
TRENTO. Il 18 maggio è convocata l’ultima seduta del consiglio regionale a Trento, il 30 prima assemblea a Bolzano dove - in base al principio dell’alternanza tra le due Province - saranno eletti il presidente e il vice dell’assemblea per la seconda parte della legislatura. Alla guida del consiglio, al posto di Chiara Avanzo, arriverà l’attuale vice, il falco Svp Thomas Widmann. Probabile invece che per la vicepresidenza il Patt proponga Walter Kaswalder, in base alla staffetta decisa due anni fa dal partito. Fuori la presidente subentrata in corsa dopo la morte di Diego Moltrer, un contentino per l’ex presidente del partito, terzo degli eletti.
Presidente Avanzo, come affronta questa scadenza?
In modo molto positivo. È stato un trekking in salita, con la patata bollente dei vitalizi. Sono diventata presidente in corsa e ho avuto un tempo ridotto, un anno e mezzo, per maturare esperienza. L’ho fatto con il mio stile prudente, non da “spacchiamo il mondo”.
Se il Patt le chiedesse di lasciare il posto a Kaswalder?
Lo accetterei per rispetto del partito e della coalizione, ma con un po’ di dispiacere per il lavoro avviato che non potrei seguire e le relazioni costruite in questo anno e mezzo.
In questi giorni si è parlato molto della staffetta per l’A22. Nel caso della vicepresidenza sarebbe una staffetta interna al Patt. Che senso ha?
Ho sempre considerato la parola “staffetta” dal punto di vista sportivo, un percorso che si affronta in più di una persona per raggiungere un obiettivo. Quando la si usa per placare gli animi o trovare delle mediazioni, questo fa parte di una realtà politica che fatico a comprendere.
Lei è stata scelta come volto nuovo, giovane, femminile. Si è spesso detto che fosse eterodiretta dal governatore Rossi. Quanto c’è di vero?
A me piace usare la testa che mi è stata data, e questo ho fatto. Se mi arrivano dei consigli da chi è più esperto di me, se lo ritengo un buon consiglio lo seguo, con un po’ di sesto senso femminile che non guasta.
Questa legislatura è stata segnata dal caso vitalizi. Che giudizio dà degli ex consiglieri che hanno fatto ricorso contro la riforma?
Credo sia mancato l’aspetto del sentimento e dell’etica. Io non divido tra buoni e cattivi, il vitalizio non è solo una cosa negativa, va contestualizzato. E proprio per questo se oggi guardiamo alle difficoltà che molte famiglie vivono, vedere che c’è chi si rifiuta di restituire una piccola quota di denaro, fa pensare. Qui entra in gioco la coscienza, una cosa che ho visto esserci in alcuni e mancare in altri.
Lei aveva annunciato per inizio anno l’avvio della riscossione forzosa nei confronti di chi non ha restituito. Siamo a maggio ed è ancora tutto fermo.
Sui vitalizi c’è stato un inizio frenetico, poi un rallentamento. L’ufficio di presidenza ha deliberato una convenzione con Trentino Riscossioni che come noi ha fatto degli approfondimenti. Mi sono resa conto che le mie aspettative non corrispondevano alle necessità giuridiche. Si è deciso di attendere la sentenza della Cassazione che farà chiarezza su chi deve giudicare, se il Tribunale civile o la Corte dei conti. Speravo arrivasse a maggio, invece è stata fissata a inizio luglio.
Teme che con Widmann alla presidenza del consiglio possa cambiare qualcosa rispetto a questa linea?
Credo e mi auguro di no. Le decisioni che abbiamo preso fin qui non sono state della presidenza, ma collegiali.
Parliamo dei rapporti tra Trento e Bolzano. Alla vigilia della riforma dello Statuto in consiglio si sono viste scene da ring. Che idea si è fatta di questi due mondi che spesso faticano a parlarsi?
Da consigliera questa distanza la notavo, anche perché vedendosi una volta al mese ci si conosce poco. Da presidente ho percepito il tentativo, almeno di alcuni, di amalgamarsi. Un episodio però mi ha amareggiata: quando abbiamo affrontato la mozione di raccordo tra Convenzione e Consulta sullo statuto, mi è stato chiesto di sospendere i lavori per convocare solo i consiglieri di Bolzano. Non era mai successo. In un momento in cui la Regione dovrebbe farsi sentire unita, questa spaccatura è un’occasione mancata.
La riforma dello Statuto riuscirà ad andare in porto?
Per natura sono positiva, mi piacerebbe si arrivasse a una conclusione in tempi ragionevolmente rapidi. Il sottosegretario Bressa ci invitò ad accelerare, ma la politica ha tempi diversi da quelli che a volte si vorrebbero.
C’è qualcosa che invidia ai colleghi altoatesini?
Il loro metodo di lavoro. Sono più strutturati politicamente, mi verrebbe da dire “più tedeschi”. E poi parlano due lingue: li osservavo anche all’ultima riunione del Dreier Landtag, erano gli unici senza auricolari.
In vista della riforma della Regione c’è chi ha proposto di ridurre il numero dei consiglieri regionali. È d’accordo?
Assolutamente sì, un’aula di 70 persone è eccessiva. E lo è anche il numero dei consiglieri provinciali.
Contro la barriera anti-migranti che l’Austria vuole costruire al Brennero si poteva fare di più?
Io penso che Rossi e Kompatscher non abbiano affatto sottovalutato il problema e si siano mossi per tempo. A livello nazionale la reazione è stata più ritardata. Guardo a quello che sta accadendo al Brennero con la delusione di chi è cresciuto con un certo concetto di Europa: la prima volta che andai in Austria a sciare ho dovuto mostrare la carta d’identità, già la seconda volta mia madre mi spiegò che non serviva più.
Se torna in aula il ddl omofobia, lo voterà?
Le mie perplessità non sono mai state sulla sostanza della legge, in cui non c’è niente di rivoluzionario. La mia riflessione è un’altra: non c’è solo la discriminazione verso gli omosessuali, viviamo in una società in cui capita ancora che una donna in età fertile si veda rifiutato un posto di lavoro.
©RIPRODUZIONE RISERVATA