"Sono contenta, ma in Italia la vera civiltà è ancora lontana"
L'insegnante che ha perso il lavoro perché ritenuta lesbica commenta la pronuncia con cui il Sacro Cuore è stato condannato a risarcirla con 25 mila euro
TRENTO. L'Istituto Sacro Cuore ha discriminato l'insegnante che, nel 2014, non si era vista rinnovare il contratto di lavoro perché sospettata di essere lesbica. Lo ha stabilito il giudice del lavoro di Rovereto Michele Cuccaro, competente perché la professoressa risiede nel circondario del Tribunale di Rovereto, che ha condannato la scuola cattolica a risarcire la professoressa con 25 mila euro per danni sia patrimoniali che morali derivanti dalla discriminazione subita.
Il Sacro Cuore deve anche pagare 8 mila euro di spese, pubblicare la sentenza sui quotidiani locali e versare 1.500 euro ciascuna alla Cgil e all'associazione Radicale Certi diritti che si erano costituite come parte civile e lamentavano una discriminazione collettiva derivante dal comportamento dell'Istituto scolastico e della sua madre superiora, suor Eugenia Libratore, deceduta nello scorso settembre. Il giudice ha usato toni duri: «Non può essere attribuito rilievo alla perdita di fiducia nei confronti dell'insegnante dal momento che la presunta omosessualità dell'insegnante nulla aveva a che vedere con la sua adesione o meno al progetto educativo della scuola». Si tratta di una pronuncia storica, la prima in Italia che riconosca una discriminazione sul luogo di lavoro in base all'orientamento sessuale.
L'insegnante era difesa dall'avvocato Alexander Schuster, che tutelava anche l'associazione Radicale Certi diritti e la Cgil, quest'ultima insieme a Stefano Giampietro. Il Sacro Cuore era difeso da cinque avvocati Claudio Damoli, Enrico Togni, Alessandra Testi di Verona e Marina Prati e Alberto Raimondi di Trento. La scuola non ha negato, in sostanza, i fatti che venivano contestati dall'insegnante, ma si è sempre difesa sostenendo che non si trattava di un comportamento discriminatorio e che un istituto a orientamento cattolico può scegliere i propri insegnanti sulla base dei loro orientamenti sessuali. Di parere opposto, ovviamente, l'insegnante che ha presentato ricorso, ma anche il giudice che ha condannato il Sacro Cuore su quasi tutta la linea. L'unico punto in cui il giudice non ha accolto le richieste della ricorrente è stato quello riguardante l'obbligo per la scuola di assumere la professoressa a tempo indeterminato.
Tutto ruota intorno a un colloquio, «un maledetto colloquio» come lo definisce l'insegnante discriminata, che si è tenuto il 16 luglio 2014. La professoressa aveva già lavorato per quattro anni consecutivi per il Sacro Cuore e con grande soddisfazione della scuola, come più volte sostenuto dalla stessa suor Eugenia anche durante la successiva istruttoria della Provincia. L'insegnante era stata convocata già da qualche giorno dalla madre superiora per il colloquio e già non era più dipendente della scuola da una decina di giorni, dal momento che il contratto a termine dura fino alla fine dell'anno scolastico e poi gli insegnanti vengono richiamati all'inizio dell'anno successivo. Per la professoressa in questione sarebbe stato il quinto anno consecutivo e, quindi, avrebbe maturato l'abilitazione, e anche la possibilità di essere assunta a tempo indeterminato. Durante il colloquio, suor Eugenia disse alla docente di aver ricevuto voci su una sua relazione con un'altra donna e le chiese se fosse vero. Al rifiuto della donna, la suora si arrabbiò molto e le chiese di «risolvere il problema».
Il racconto di quel colloquio è riportato per intero dal giudice nelle motivazioni dell'ordinanza. La madre superiora rispose che aveva problemi a rinnovare il contratto a una persona ritenuta omosessuale. Ma nonostante le insistenze, l'insegnante si rifiutò di rispondere a domande sulla sua sfera affettiva e sessuale e se ne andò. Il contratto non le venne rinnovato. Il giudice nelle motivazioni osserva come l'Istituto, nei giorni successivi, abbia più volte cambiato versione arrivando a contestare alla professoressa di aver fatto ai suo allievi discorsi poco appropriati sulla sessualità. Una circostanza, però, che non è mai stata provata e che lo stesso Sacro Cuore non ha neanche portato durante il processo. Il giudice poi osserva una scuola cattolica, pur essendo di tendenza, è comunque tenuta al rispetto dei diritti fondamentali: «L'orientamento sessuale è certamente estraneo alla tendenza ideologica dell'Istituto...Deve quindi affermarsi che la ricorrente ha subito una condotta discriminatoria tanto nella valutazione di professionalità, quanto nella lesione dell'onore».
La professoressa ora lavora in una scuola pubblica, ma ha perso la possibilità di essere assunta a tempo indeterminato ed è ancora precaria. E' soddisfatta per l'esito giudiziario, ma ancora molto amareggiata. «Sicuramente mi sento sollevata perché ci stiamo avvicinando a un certo livello di civiltà, ma provo anche tanta amarezza per quello che è successo». La professoressa protagonista, suo malgrado, di questa brutta storia sta facendo esami. Dopo essere stata lasciata a casa dal Sacro Cuore ha trovato lavoro in una scuola pubblica: «Sono andate a stare meglio. Non devo sopportare un ambiente bigotto». Però ha subito un danno: «Stavo facendo il Pas per ottenere l'abilitazione e, se fossi rimasta, avrei potuto avere un contratto a tempo indeterminato. Invece sono rimasta precaria. Adesso ho fatto il concorso, ma non si conoscono gli esiti».
Racconta i suoi anni di battaglia per vedere riconosciuto il suo diritto a non essere discriminata in base al suo orientamento sessuale: «Sono da due anni in questo vortice. Per me, ma non solo per me, questo è un momento molto importante. E' importante per tutte le persone che vengono discriminate non solo per le loro scelte affettive, ma anche perché, ad esempio, sono immigrati o per altri motivi. Per questo motivo, io sono molto contenta. Una sentenza del genere, vuol dire che le cose stanno cambiando anche se siamo ancora molto distanti da un livello accettabile di civiltà».
Il cambiamento, però, spiega la professoressa, è lento e sempre indotto: «Purtroppo le conquiste di civlità si fanno solo grazie alle leggi, la politica va sempre a rimorchio, arriva sempre dopo. E questo è molto triste». Per quanto riguarda il suo caso, l' insegnante spiega: «Bisogna fare chiarezza. Ci sono comunque delle leggi. I diritti fondamentali vanno rispettati da tutti, anche dalle scuola di tendenza. Su questo la pronuncia del giudice è molto chiara. Non si possono trattare in maniera diversa i dipendenti solo in base al loro orientamento sessuale. E questo vale anche per le scuole cattoliche». L' insegnante è soddisfatta anche perché il giudice ha riconosciuto che il Sacro Cuore ha anche cercato di diffamarla affermando che lei avrebbe fatto dei discorsi su argomenti sessuali ai ragazzi: «L'Istituto mi aveva anche accusata sul Tg1 di aver turbato studenti con discorsi impropri sulla sessualità. In giudizio l'Istituto ha addirittura rinunciato a dimostrare queste falsità. La stessa suor Eugenia, che purtroppo è venuta a mancare, nell'istruttoria successiva della Provincia ha sostenuto che non mi potevano essere mossi appunti di nessun tipo come insegnante. Non ci sono mai state lamentele dei genitori su di me. Tanto che da quando si è diffusa la notizia della sentenza sto ricevendo messaggi delle famiglie che mi fanno i complimenti e che sono contente per me. L'unico fatto che resta è quel maledetto colloquio. Non mi hanno rinnovato il contratto perché non ho risposto alle domande sulla mia sessualità. Quello era un colloquio per stabilire se potevo continuare a insegnare da loro».
Se la prende anche con la Provincia e con il presidente Ugo Rossi: «La cosa molto triste e che mi ha molto amareggiata è che, al termine dell'istruttoria, il presidente Rossi si è detto sollevato perché non erano emerse discriminazioni. Avrebbe potuto esprimersi in altri termini. Anche perché la discriminazione c'è stata».
Dal canto suo, il presidente della Provincia Ugo Rossi, spiega che l'ente aveva svolto un'istruttoria molto attenta dopo la vicenda e che non aveva trovato elementi per togliere la parificazione, e quindi i contributi, al Sacro Cuore: «Se andate a rivedere le mie dichiarazioni dell'epoca vedete che la nostra posizione è sempre stata la stessa: la Provincia non può fare il giudice. Sono i giudici a stabilire se c'è stata discriminazione. Noi abbiamo solo stabilito che questo episodio non faceva venire meno la parità dell'Istituto Sacro Cuore».
Il presidente della Provincia Ugo Rossi, tirato in causa direttamente dall'insegnante che è stata discriminata difende le conclusioni dell'istruttoria che venne fatta dopo che il caso esplose, due anni fa: «Noi facemmo un lavoro molto attento e non emerse nessun motivo per ritirare la parificazione. Noi dobbiamo verificare che la scuola garantisca dei criteri di insegnamento uguali per tutti. Durante l'istruttoria, dal racconto della stessa suor Eugenia, è emerso il comportamento della scuola nei confronti dell'insegnante, ma non c'erano gli elementi per togliere la parità. Abbiamo concluso che sussistono le condizioni perché il Sacro Cuore resti scuola parificata. Avevamo disposto l'attività ispettiva, ma non è nostro compito ricostruire il contenuto del famoso colloquio tra la madre superiora e l'insegnante. La Provincia doveva verificare che non vi fossero elementi discriminatori. Per questo motivo, sono state sentite le persone interessate e le protagoniste di quel colloquio. Abbiamo sentito anche l'insegnante. Ma non ci siamo limitati a questo. Abbiamo anche raccolto le testimonianze dei genitori degli alunni della scuola e anche di altri docenti. Da questo lavoro, è emerso un esito assolutamente confortante sia dal punto di vista formativo che da quello del clima interno. Per questo si era deciso di confermare la parificazione della scuola». Così il Sacro Cuore ha mantenuto i contributi pubblici. L'avvocato Alexander Schuster, però, ricorda come durante l'istruttoria provinciale suo Eugenia spiegò che aveva seguito l'insegnamento di Papa Ratzinger: «Disse che quando era ancora cardinale Ratzinger aveva spiegato che è giusto discriminare gli omosessuali e che questi non possono restare a contatto con i bambini. Giustificò il suo atteggiamento proprio con questa teoria». Un atteggiamento, però, che il giudice ha ritenuto fosse discriminatorio, dal momento che le scelte sessuali nulla hanno a che fare con il lavoro di insegnante.