Sindaci donna? Meno che in Veneto
In Trentino i municipi «rosa» in crescita, ma in misura inferiore rispetto alle Regioni confinanti. Alto Adige fanalino di coda
TRENTO. Mentre in consiglio provinciale l’aula si svuota quando è ora di discutere della preferenza di genere (vedi il Trentino in edicola ieri) l’Istituto di statistica provinciale ha diffuso un dato sull’incidenza delle donne sindaco in alcune regioni. Le notizie sono due: una buona (almeno per chi ha a cuore la parità di genere in politica) e l’altra meno buona. La notizia positiva è che le donne sindaco sono in netta crescita dal 2000, cioè il primo anno preso in considerazione dallo studio: erano il 2-3 per cento appena e attualmente rappresentano poco più del 14 per cento dei primi cittadini trentini, con una presenza consistente soprattutto a partire dal 2010. La notizia negativa è che le donne sindaco trentine sono in percentuale meno numerose rispetto a quelle presenti nelle regioni confinanti. Con l’eccezione dell’Alto Adige che - con l’8 per cento appena dei municipi guidati da una donna - rappresenta davvero un caso a parte per quanto riguarda la parità di genere.
Sono più rosa del Trentino i municipi di Veneto (18,5%), Lombardia (16,9%) ed è più rosa anche la media del nordest. Una situazione che non è determinata dal sistema elettorale (l’elezione del sindaco - maschio o femmina - è diretta) ma che racconta qualcosa del Trentino, della disponibilità degli elettori a votare una donna e delle candidate a mettersi in gioco.
«E’ evidente che per una donna guidare un Comune presenta difficoltà maggiori rispetto ad un uomo» commenta la sindaca di Stenico, Monica Mattevi, che non ha mai fatto mistero di non gradire corsie preferenziali per la politica femminile, tanto che nel gennaio di due anni fa espresse pubblicamente la sua posizione contraria nel consiglio delle autonomie. «Il fatto è che per le donne svolgere questa attività è più complicato, non certo impossibile, ma complesso: ci sono i figli, c’è la famiglia e bisogna sapere di poter contare sulle persone che ti stanno vicino. Detto questo, che ci siano uomini e donne in un consiglio comunale è positivo, perché entrano in gioco sensibilità diverse. Con le assessore che sono state in giunta con me ho avuto esperienze molto positive. Ma il mio pensiero è che non serva una corsia specifica per uomini e donne, ma che le persone vadano giudicate per le loro capacità». Non le è mai capitato nelle due consiliature da sindaco di dover superare qualche pregiudizio per un sindaco donna? «No, a me non è capitato, sono stata circondata da persone (uomini o donne) che hanno saputo valutare le competenze».