Si finge carabiniere, condannato a tre mesi

Lo «scherzo» a due giovani è costato caro ad un ventenne pinetano


Paolo Tagliente


TRENTO. L'idea era quella di fare uno scherzo a due ragazzi, di far prendere loro uno spavento coi fiocchi. Il protagonista della vicenda ricostruita ieri in tribunale a Trento è riuscito perfettamente nell'intento, ma è anche finito nei guai. Sì, il ventenne del pinetano finito a processo, quel 14 luglio del 2009, vicino al palazzo del ghiaccio di Pinè aveva pensato bene di spacciarsi per un carabiniere.
Erano circa le 22.30 e il ragazzo poi finito a processo era alla guida di un'auto su cui viaggiavano la sua fidanzata e, sui sedili posteriori, altre due amiche. Ad un certo punto, la giovane al suo fianco nota due ragazzi che camminano sul marciapiede: uno è un suo vicino di casa, l'altro un ex compagno di classe. E a quel punto, nel ventenne scatta l'idea dello scherzo. Sterza bruscamente, illumina con gli abbaglianti i due, si avvicina ai due che, spaventati e temendo forse di venire investiti, si gettano a pesce in un cespuglio. Lo scherzo sarebbe assai pesante già così, ma il ragazzo ritiene che sia solo il prologo ad una performance teatrale. E così, scende e urla ai due terrorizzati di uscire dal cespuglio e di tirar fuori la droga. «Sono arrivati i carabinieri!» intima alle sue "vittime". I due poveretti escono tremanti e ubbidiscono agli ordini del finto militare dell'Arma. Sembra addirittura - me le versioni sono discordanti - che uno dei due accetti anche di togliersi le scarpe e di saltellare su una gamba. La scena va avanti, poi il ventenne risale in macchina e se ne va con le amiche. Naturale che sll'auto tutti sghignazzino.
«Era uno scherzo - ha spiegato ieri in aula al giudice Arianna Busato - ed ero convinto che anche loro se ne fossero accorti. Uno mi guardava ridendo e, il giorno successivo, s'è complimentato con me per lo scherzo ben riuscito».
Ma nei giorni successivi all'episodio, c'è chi ritiene che il ventenne abbia esagerato: è il padre di una delle vittime, che viene informato di quanto accaduto dal figlio e decide di sporgere denuncia presso i carabinieri, quelli veri ovviamente. Ne seguono alcuni incontri e anche l'accordo su un risarcimento di 700 euro, ma tutto questo non basta per salvare dai guai il ragazzo, oggetto di un decreto penale di condanna cui il suo legale, l'avvocato Maurizio Pellegrini, si oppone. Ieri l'udienza, con il sedicente carabiniere, imputato per il reato di usurpazione di funzioni pubbliche, a fornire la propria versione dei fatti e la sfilata dei testimoni: le due vittime e le tre ragazze che quella sera erano in auto e che hanno inquadrato tutto in una goliardata. Alla fine la difesa chiese l'assoluzione, ma il giudice Busato accoglie le richieste dell'accusa e condanna il ventenne a 90 giorni di reclusione con la sospensione della pena e la non menzione. Grande lo sconcerto del ragazzo e difesa che già ha annunciato ricorso in appello.













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