Sequenziato il genoma del «killer» delle piante
Importante risultato scientifico della Fondazione Mach sul moscerino «Drosophila suzukii»
TRENTO. Dopo il sequenziamento del genoma della vite, del melo e della fragola a San Michele all’Adige è stato raggiunto un altro importante risultato in questo campo. Un team multidisciplinare di ricercatori della Fondazione Edmund Mach, infatti, ha sequenziato il genoma di Drosophila suzukii, il moscerino che preoccupa da qualche anno i produttori di piccoli frutti in tutto il mondo. La scoperta è stata illustrata oggi in conferenza stampa dal presidente della fondazione Edmund Mach Francesco Salamini e dal direttore del centro ricerche e innovazione Roberto Viola, alla presenza del presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai. Accanto a loro anche il ricercatore del Mach Omar Rota-Stavelli e il presidente della cooperativa Sant'Orsola Silvio Bertoldi. Per raggiungere l’obiettivo si è partiti da alcuni insetti raccolti in Valsugana, la zona più importante per la produzione di piccoli frutti in Italia e che ha fronteggiato le conseguenze più gravi dagli attacchi dell’insetto. Si è fatto uso delle moderne tecnologie di sequenziamento che rispetto ad un recente passato sono molto più efficaci ma anche di gran lunga meno dispendiose.
I dati sono stati depositati in una banca dati internazionale al fine di condividerli con la comunità scientifica mondiale che si occupa di questa problematica. Il progetto dei ricercatori della Fondazione Edmund Mach di San Michele prevede di utilizzare questi dati per chiarire gli ancora numerosi punti oscuri sull’origine dell’insetto ed accelerare la messa a punto di metodi di controllo innovativi, sfruttando anche l’enorme mole di conoscenze prodotte su Drosophila melanogaster, il moscerino dell’aceto, parente stretto di Drosophila suzukii e organismo modello per eccellenza. Questa scoperta potrebbe quindi contribuire a capire come contrastare in maniera efficace il moscerino dei piccoli frutti, favorendo l’attività agricola dei produttori.
Originario del sud-est asiatico, Drosophila suzukii si è diffusa contemporaneamente negli Stati Uniti e Canada, ed in Europa nel 2008-2009. Attualmente è segnalata nella maggior parte delle regioni d’Italia, in Francia, Spagna, Svizzera, Austria, Germania, Belgio, Slovenia e Croazia. Questo insetto può infestare un’ampia gamma di piante e le sue femmine, a differenza delle altre drosofile che attaccano frutti già in deperimento, inseriscono l’uovo direttamente nella polpa dei frutti sani prima che essi giungano a completa maturazione, portandoli al disfacimento in pochi giorni. Finora l’efficacia dei trattamenti chimici è risultata insufficiente e la mancanza di adeguate strategie di controllo alternative in particolare per le colture di piccoli frutti sta destando sempre più preoccupazione tra i produttori del settore.
Alla Fondazione Mach un gruppo di lavoro composto da ricercatori e sperimentatori del Centro Ricerche e Innovazione e del Centro di Trasferimento Tecnologico è impegnato in numerose indagini volte a individuare mezzi di controllo sostitutivi o integrativi alla difesa chimica. Risultati incoraggianti si sono ottenuti utilizzando trappole e reti anti-insetto. Promettenti su lungo periodo sembrano essere anche le metodiche biologiche che sfruttano l’azione di limitatori naturali o che operano interferendo con il comportamento riproduttivo e sul rapporto con le piante ospiti.
“Il sequenziamento del genoma di Drosophila suzukii – ha affermato il direttore del Centro Ricerca e Innovazione, Roberto Viola - rappresenta un ulteriore tassello che contribuirà allo sviluppo di biotecnologie mirate al controllo di questa nuova specie invasiva. E’ un’occasione per stabilire anche un ponte più diretto tra la ricerca di base e l’applicazione e per creare una task force pronta ad intervenire nei confronti di altre specie esotiche invasive, problematica sempre più d’attualità in campo agricolo e sanitario. Il raggiungimento di questo risultato – ha concluso Viola – è stato possibile anche grazie al recente accordo di collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler, che ha consentito un rapido assemblaggio del genoma”.