«Senza l’ospedale di valle troppi rischi e minimi benefici»

Stefano Felicetti, della val di Fiemme, torna sulla chiusura dell’ospedale di Cavalese.«Sono un papà della Val di Fiemme», scrive. «Non posso negare che rispetto all'esperienza del primogenito, nato...



Stefano Felicetti, della val di Fiemme, torna sulla chiusura dell’ospedale di Cavalese.

«Sono un papà della Val di Fiemme», scrive. «Non posso negare che rispetto all'esperienza del primogenito, nato a Cavalese, vicino a casa, con l'aiuto di una bravissima ostetrica e di tante altre figure professionali serie e attente, quella vissuta con il secondogenito sia stata differente. Siamo stati seguiti per otto mesi dalla stessa brava ostetrica che ci ha guidati nel "Percorso Nascita": mia moglie era serena perché sapeva di avere un punto di riferimento sicuro. Certo, entrambi speravamo di poter avere la stessa sicurezza anche nel momento più intenso: il parto. Quando però ci si è resi conto che non sarebbe stato possibile partorire a Cavalese, dispiaciutis-

simi, abbiamo deciso di orientarci sul punto nascita di Merano: un ospedale, come quello della valle, a misura d'uomo, anzi, in questo caso, a misura di donna. Le prime contrazioni sono arrivate durante una notte, un po' prematuramente rispetto alla data prevista: non avevamo ancora conosciuto nessuno del nuovo team che ci avrebbe seguito; dovevamo scendere proprio il giorno successivo per farlo, ma si sa, quando si tratta di vita niente è realmente prevedibile ed esattamente programmabile. Le contrazioni erano molto vicine e, avendo già avuto l'esperienza del primo, ci siamo resi conto che si doveva scendere rapidamente per arrivare in tempo. Quella notte non c'era molto traffico, non pioveva ed essendo il mese di maggio non nevicava. Fortuna... ma non ci si può appellare alla Sorte in questi casi. È troppo rischioso! Il parto è stato molto veloce, il personale ineccepibile e tutto è andato bene. Anche mia moglie, come altre mamme, ha avuto un post partum segnato dalla fatica e soprattutto dallo stress dato da una sensazione di incertezza che si è venuta a creare dopo la chiusura del punto nascita in valle: non lo trovo "umanamente corretto". Una sera, poche settimane dopo la nascita del piccolo, siamo nuovamente dovuti scendere a Merano. Anche in quel caso tutto finì bene, ma quella notte, esausti, rischiammo di uscire di strada. Fu lì che, ancora di più, mi resi conto che questa situazione di precarietà non era cosa buona. Troppi i rischi, pochi, pochissimi i benefici. Le nostre famiglie meritano di riavere ciò che fino a qualche anno fa avevano: sicurezza vicino alle proprie case».













Scuola & Ricerca

In primo piano