Sant’Anna a nuova vita con l’«Osteria»
Sopramonte, dopo il lungo restauro la casa padronale finalmente svelata. Il ristorante nelle storiche stanze che in passato aveva ospitato un monastero
TRENTO. Dalle ceneri del monastero di Sant’Anna dopo decenni di chiusura è nato un locale dove è possibile gustare i piatti proposti dall’Osteria Sant’Anna che ha ridato nuova vita a questo edificio carico di fascino e di storia. Un doppio evento dunque, che è anche l’ultimo capitolo di una lunghissima vicenda che ha visto alternarsi ipotesi diverse e un referendum che ha contrapposto il Comune di Trento e l’Asuc alla circoscrizione. Ora, lasciate alle spalle polemiche e difficoltà per il restauro dell’edificio risalente al 1600, la casa padronale di Sant’Anna (dove un tempo sorgeva il monastero risalente al 1200 appartenente alla regola di Sant’Agostino) appare in tutto il suo splendore.
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Già la struttura esterna, con il tetto spiovente, la finestra bifora delimitata da due finestre rotonde, conferisce alla magione un aspetto particolare, a metà strada tra la villa nobiliare ed il maso. Ma è all’interno che questa residenza svela la sua condizione di casa signorile un po’ decaduta, dopo l’avvicendamento di proprietari terrieri che coltivavano le campagne circostanti (tra questi figurano anche i nobili Gaudenti Roccabruna), fino all’ultima famiglia, quella dei Maor che diede alla casa l’aspetto attuale.
Ora, tra queste pareti dall’intonaco grezzo, dai soffitti a cassettoni decorati e dai pavimenti a lastroni di pietra di Trento, si può fare una sosta per bere un buon bicchiere e per gustare i piatti tipici della tradizione trentina. Com’è noto, a vincere la gara indetta dal Comune è stata la società Sanna, presieduta da Alberto Barbieri, dell’Hotel Montana formata da Daniela Ruggeri (moglie del vicesindaco Paolo Biasioli) e Francesca Carbonari. Due amiche di Sopramonte entusiaste di intraprendere questa nuova avventura, pur non avendo grandi esperienze nella ristorazione, ma appassionate di cucina e, soprattutto, innamorate di Sant’Anna e della possibilità di farlo tornare uno spazio vissuto dalla città e dai turisti che d’estate e d’inverno affollano il Monte Bondone.
«Abbiamo deciso di partire un po’ in sordina - affermano - per avere un periodo di rodaggio. A distanza di un mese possiamo dire che il passaparola funziona ed abbiamo sempre le sale affollate, a pranzo e a cena. Certo, il tempo ci ha dato una mano, ma siamo soddisfatte». All’interno, il ristorante è su due livelli, ed ha conservato la struttura originaria: dopo il bar che ha di fronte un grande camino con lo stemma dei Roccabruna, si accede a due sale, per poi scendere al piano interrato per trovare le altre tre. Qui si trovano tracce dell’antica cucina, con un grande camino che riporta il nome dell’ultimo proprietario, Francesco Maor, ed una originale cucina economica rivestita di mattonelle di una olle.
«Gli arredi - spiega Daniela - sono stati concordati con la direzione dei lavori del Comune e realizzati con l’architetto Andrea Vitti e con la falegnameria Nardelli. Abbiamo optato per mobili essenziali, di rovere, perché la struttura di per se è importante. Ogni sala ha un tema: c’è quelle dedicata alle birre, poi gli infusi, il miele, i liquori e il vino». Ognuna ha un elemento d’arredo originale, quella del vino, ad esempio, ha le sedie decorate da un pittore, alle pareti altre opere di due giovani, Nicola Tonini e Pietro Antoniolli. In fondo alle sale, scavata nella roccia, si trova la suggestiva cantina, con tanto di nicchie originali, che sono state recuperate così come si trovavano.
Il tocco da osteria è dato dalle sedie, tutte di recupero, restaurate dal Punto d’Incontro e dipinte di bianco, come la vetrinetta per i bicchieri nella prima saletta.
Ma non si è ancora parlato dei piatti cucinati dal cuoco, Stefano Uber. «Il menù - spiegano le due socie - propone piatti trentini, come canederli, strangolapreti, spätzle, tonco del pontesel, taglieri con salumi locali e vini di rinomate cantine regionali. Ogni mese cercheremo di proporre nuovi piatti, ma sempre presi dalla tradizione».