Rovereto, necrologio in centro: è morto il mercato
Gli ambulanti protestano così contro l’ipotesi di trasferimento. E sono unanimi: la crisi non permette esperimenti
ROVERETO. L'umore degli ambulanti sulle intenzioni dell'amministrazione lo si capisce alla prima bancarella del mercato settimanale. Ieri in molti stand del mercato faceva bella vista di sé un necrologio che annunciava la scomparsa del mercato e con esso del commercio del centro storico. A darne l'annuncio proprio i commercianti, gestori e ambulanti prima dei ringraziamenti a sindaco e giunta. Un messaggio che più chiaro non si può circa lo stato d'animo di chi potrebbe vedersi spostato lontano dalla clientela abituale e finire in corso Bettini. E proprio non ci vuole andare. Per ribadire il concetto è stato fatto un nuovo sondaggio, questa volta proposto ed effettuato tra i commercianti che si aggiunge al migliaio di firme già raccolto dal Pdl.
Claudio Antonini ha esposto i risultati: «Abbiamo voluto fare questo nuovo sondaggio - spiega - perché l'amministrazione non ci ha mai mostrato l'esito del sondaggio proposto un anno fa. Abbiamo riproposto la domanda sull'opportunità dello spostamento in corso Bettini e su 136 commercianti interrogati 99 sono contrari, 22 favorevoli e 15 astenuti. Non abbiamo niente contro il sindaco, siamo contro una soluzione che porterebbe più danni che vantaggi. Innanzitutto mancano i parcheggi, poi in centro la gente visita tutte le bancarelle in poco tempo. Corso Bettini è lungo un chilometro e mezzo, ma si avrebbe la sensazione di camminare molto. Ve lo vedete un anziano farsi due volte corso Bettini per comprare un pollo?». Edda Caurla cita l'esperienza della "Busa": «Ad Arco si è provato a portare le bancarelle fuori dal centro, ma dopo un po' si è dovuti tornare indietro. Spostare il mercato non è giusto nei confronti di chi ha fatto sacrifici per conquistarsi uno spazio e una clientela e ora si vede trasferito da un'altra parte. Per esperienza so che ci vogliono due anni per recuperare il livello di vendite dopo uno spostamento e non credo che molti in questo periodo possano permettersi due anni di guadagni ridotti».
Concetto ribadito da Nicola Camagnani che vende tende e stoffe: «Se il periodo fosse buono ci si potrebbe anche pensare, ma in questo momento è improponibile spostare il mercato. Dopo molti anni ho una clientela che mi consente di lavorare, ma altrove sarebbe un salto nel buio». Dario Merler dell’edicola-tabaccheria di via Dante punta sull'aspetto sociale: «Il mercato aiuta a tenere in piedi molte attività che altrimenti verserebbero in notevoli difficoltà economiche ma, al di là degli interessi dei commercianti il mercato in centro ha una grossa valenza sociale perché riunisce gente da tutti i paesi limitrofi».
Secondo Fabrizio Noris «tutti ormai sono abituati al mercato in centro storico. Il mercato è nato qua nelle piazze e penso siano il giusto posto per le bancarelle e poi non penso che si abbinino molto al Mart e ai suoi visitatori». Stesso discorso vale per Vincenzo Scaglione: « Molti qua hanno speso migliaia di euro per la licenza, lavorato duro per la clientela e ora si trovano spostati dopo aver abituato i clienti in una certa maniera. Penso sia una soluzione troppo drastica. Per carità, magari si migliora ma ho forti dubbi».
Il collega Marco Lungo non è del tutto contrario: «Sono convinto che si possa stare qua ma che si possa lavorare bene anche in corso Bettini. Il problema vero sono le abitudini della gente e i servizi collegati, completamente diversi nella via del Mart. Purtroppo qualsiasi spostamento necessita di un periodo di assestamento». Patrizia Maistri dell’edicola in piazza Damiano Chiesa prevede grosse difficoltà per i negozianti: «La differenza nei giorni di mercato c'è, eccome. In una giornata normale il mercato porta anche 6-700 euro in più di quanto si fa normalmente. Chi viene in città per il mercato solitamente fa una tappa anche nei negozi lungo le vie. Si può anche pensare a spostarlo, ma in quel caso sarebbe necessaria un'alternativa valida. Le manifestazioni vanno bene, purché siano popolari e non comportino giorni di chiusura totale delle vie per il loro allestimento».
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