Rossi: abbiamo ridotto i Comuni del 25%
Il governatore: «La maggioranza dei trentini favorevole a unirsi, chi ha frenato domenica sono le realtà più grandi»
TRENTO. Ugo Rossi non vuole neanche sentir parlare di una battuta d’arresto, di fronte ai risultati dei referendum di domenica nei Comuni: bocciate sette fusioni su 11, niente quorum in quattro casi (Cavalese, Tesero, Predaia e Dro), vittoria del no a Bresimo, Rumo, Croviana, Cavizzana e Ruffré-Mendola.
Il presidente della Provincia guarda il trend: «C'è un dato che conta, e cioè che dall'inizio della legislatura quasi il 76% dei trentini che hanno votato, si è detto favorevole alle fusioni. I Comuni in Trentino erano 217 nel 2014 e con i risultati di ieri scendono a quota 169. Significa che abbiamo 48 Comuni in meno, il 25%, un risultato raggiunto con la democrazia, altro che decisioni calate dall’alto», replica alle minoranze che hanno letto l’esito dei referendum come una sconfitta della coppia Rossi-Daldoss e uno schiaffo alla politica della giunta provinciale.
«Qualcuno prova a dare connotazioni politiche ma lo eviterei», insiste Rossi, «quello che abbiamo ottenuto è un risultato inimmaginabile e irreversibile», «un processo di semplificazione amministrativa, partito dal basso, che la maggioranza dei trentini sostiene in maniere convinta». E torna ai dati: «I numeri ci dicono che dal 2014 ad oggi sono stati 52.504 i trentini che hanno partecipato ai referendum consultivi, il 56% degli aventi diritto. Di questi, 39.753, il 75,71%, ha votato per il sì alle fusioni, mentre 12.172 hanno espresso voto contrario». «Oggi abbiamo un’architettura istituzionale razionale e un’autonomia responsabile, con le gestioni associate dei servizi là dove non ci sono state le fusioni», insiste il governatore. «Adesso bisogna dare una mano ai Comuni a governare le gestioni associate, abbiamo davanti un periodo in cui probabilmente altri territori sperimenteranno che è meglio mettersi assieme».
Ma dalla tornata di referendum di domenica la frenata è arrivata, inutile far finta di niente. «Se guardiamo ai numeri si vede che il complesso dei votanti si è attestato sul 44%, 16.677 elettori, e che i sì sono stati la maggioranza, il 71,33%», osserva il presidente, secondo il quale «le cifre testimoniano che il processo, quasi unico nel panorama nazionale, è sentito dai cittadini e dalle comunità». «Ai cosiddetti difensori dell’identità dei piccoli Comuni, faccio notare che a parte Croviana, ad aver fatto saltare le fusioni sono stati i comuni più grandi, da Cavalese a Dro, dove probabilmente - dice Rossi - ha pesato un po’ di disinteresse, la convinzione che “a noi grandi non serve fondersi”». Il governatore cita il caso di Predaia, in val di Non: «L’altra volta fu Sfruz a non volere la fusione, questa volta è stato il Comune più grande, Predaia, a non aver raggiunto il quorum». Rossi ammette che dalle serate sul territorio per promuovere le fusioni, «un po’ meno partecipazione in alcune comunità si è percepita, a Cavalese in particolare». «Ma il percorso - insiste - è tracciato e non si torna indietro. Quello che si è realizzato in Trentino dimostra che siamo un’autonomia responsabile».
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