«Roma torni a finanziare l’Università» 

Il governatore Rossi: «Il 70 per cento di chi la frequenta viene da fuori provincia. Va riconosciuto il servizio al Paese»


di Gianpaolo Tessari


TRENTO. «Quella di Trento è un’Università che, con il 70% di iscritti che arriva per frequentarla da fuori provincia, offre un servizio al Paese. E’ tempo che con Roma si ragioni su questo aspetto, anche con una nuova forma di partecipazione al finanziamento del nostro Ateneo». La proposta arriva dal governatore Ugo Rossi a 24 ore dal faccia a faccia con il collega altoatesino Arno Kompatscher al Muse, per i 50 anni del Pup.

Molta gente e altrettanta carne al fuoco l’altra sera nel foyer della creatura di Renzo Piano ma con un focus ristretto proprio sull’Università, partendo da un termine di paragone: Bolzano per il suo Ateneo spende la metà di Trento, 60 contro 120 milioni di euro. All’anno.

I tempi sono cambiati e con essa anche l’Università: «E’ stata un’invenzione dello stesso padre del Pup, Bruno Kessler. Aveva dentro una passione che gli derivava dal voler riscattare il rischio di emarginazione di un territorio. E come ha risposto Kessler? “Ci vuole qualcosa che rompa gli schemi e ci proietti nel futuro”. Quindi l’Università è stata strumento di riscatto in primo luogo, ma poi anche di integrazione, di conoscenza. Per Trento era una forma di collegamento con il mondo. Il presidente Arno Kompatscher ha detto che, in qualche maniera, invidia la nostra Università. Però nel nostro bilancio non voglio dire “costa” (altrimenti poi mi dicono che sono nemico dell’Ateneo) ma sull’istruzione universitaria “investiamo” 120 milioni di euro, il doppio di Bolzano. Attenzione, è un bene che questo accada. Ma sarebbe ipotizzabile che questi 120 milioni di euro in Alto Adige venissero destinati, come avviene in Trentino, per studenti che al 70% non provengono dal Trentino? Io questa domanda la voglio porre».

Su un fatto Rossi ci tiene ad essere chiaro. A non venire strumentalizzato: «Non vogliamo tornare indietro (è un valore che qui frequenti un 70% di studenti non trentini), però dobbiamo essere consapevoli che noi stiamo facendo un investimento rispetto a questo, rinunciando a farne degli altri. E le risorse non sono replicabili» aveva detto al Muse e ieri, con il passaggio di una possibile revisione del modo in cui Roma interviene nel nostro bilancio, ha offerto un contributo in più: «Per fare una sintesi noi siamo diventati un’Università statale, ma finanziata completamente dalla Provincia. Il mio vuole essere un ragionamento compiuto: è un bene, ripeto, e continueremo in quella direzione. Vanno però rivisti i modi in cui si sostiene questo modello» chiosa Rossi.

Ma la seconda parte del ragionamento del governatore spazia in un’altra direzione: «Ci dobbiamo interrogare: frequentare l’Università a Trento, strumento di riscatto un tempo, oggi lo è ancora? O non è invece che i nostri giovani (o anche i nostri genitori) immaginino che per un’istruzione positiva si possano esplorare tantissime altre vie che non sianoquelle di frequentare un’Università a Trento? Se noi spendiamo 120 milioni all’anno per fare, anche, un servizio al nostro Paese. Perché anche di questo si tratta, credo che dobbiamo porci (prima o poi, lo farà magari chi verrà dopo di me) la questione di come rapportarci con lo Stato rispetto a questo servizio che offriamo. E anche di come questa “spesa” sia utile all’istruzione universitaria dei nostri figli. Perché tanti di loro oggi hanno l’ambizione di andare a fare l’università tranquillamente da un’altra parte. Esattamente come, negli anni Settanta, dalla valle di Fiemme c’era l’ambizione di venire a Trento. Oggi dalla valle di Fiemme scelgono magari di iscriversi a Londra, a Monaco, o da qualsiasi altra parte. E su questo, ci pare, non siano sufficienti le borse di studio. Con Roma su questo, sempre per “compensare” il nostro impegno, si potrebbe fare un ragionamento su come facilitare i trentini che scelgono di studiare fuori sede».













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