il dibattito sull’università lanciato dal «trentino» 

«Rivedere i test d’ingresso» Lo chiedono gli studenti

TRENTO. Federico Crotti, presidente del consiglio degli studenti, interviene nel dibattito sull’università innescato dall’editoriale di domenica scorsa del direttore del Trentino Alberto Faustini nel...



TRENTO. Federico Crotti, presidente del consiglio degli studenti, interviene nel dibattito sull’università innescato dall’editoriale di domenica scorsa del direttore del Trentino Alberto Faustini nel quale si auspicava, tra l’altro, l’abolizione del numero chiuso e la necessità di maggiori spazi per l’ateneo. Un confronto al quale, nel corso dei giorni, hanno partecipato il rettore Paolo Collini, Stefano Oss, responsabile del laboratorio di comunicazione delle scienze fisiche e Mariangela Franch, ordinaria di marketing al dipartimento di Economia. «Sul numero chiuso o meno la questione è complessa, riguarda il merito e la qualità della didattica», afferma Crotti.

Spieghiamo questa complessità.

Sul principio del merito non siamo d’accordo perché non è un test di ammissione che può valutare l’idoneità di uno studente ad entrare in università. Invece, per quanto riguarda la qualità della didattica, che è strettamente collegata al rapporto docenti-studenti, comprendiamo le ragioni della situazione e di certe scelte. Se non ci sono i docenti sufficienti e gli spazi adeguati non è che si possa garantire la qualità.

E allora che si fa?

Crediamo che sia necessaria una programmazione attiva.

Che vuol dire?

Faccio un esempio. Significa che se oggi si ammettono 250 studenti ad un dipartimento e le domande sono il doppio e crescono negli anni successivi è necessario pensare ad alzare il numero di quelli che possono entrare. In questo senso si programma attivamente. Cioè non si può far rimanere la situazione immutata nel tempo ma prevedere un piano di sviluppo.

Ma rimane il problema degli spazi. O no?

Certo. E quindi è necessario pensare a dei piani di investimento. Non da un giorno all’altro, ovviamente, ma, anche in questo caso, programmando, almeno a medio termine, per creare o recuperare gli spazi necessari.

Quanto dice lei è possibile, con le attuali norme sul rapporto docenti-studenti e altro?

Ma sì che si può. Ci sono sentenze in tal senso. Si tratta di mettere delle risorse. Questo è il nodo.

I test d’ingresso, altro aspetto toccato nel corso del dibattito di questi giorni.

Dobbiamo tenere presente che noi ragazzi non siamo delle “isole”. Ognuno ha il suo vissuto, un background personale. Dire che solo i migliori entrano, quelli che alla maturità hanno preso i voti più alti rispetto ad altri, sarà anche vero guardando i dati ma non può essere un criterio, un principio che giustifica lo status quo. Piuttosto, vanno cambiati i test. Si potrebbe inserire altro, oltre ai test a risposta aperta e chiusa. Ad esempio introdurre un colloquio di carattere motivazionale.

Questi ragionamenti sono anche oggetto di un dibattito interno all’università?

Non abbiamo ancora formulato una proposta articolata. Lo faremo. Ma, comunque, già ci confrontiamo anche su questi temi col rettore, il senato accademico e le varie strutture dipartimentali. (pa.pi.)















Scuola & Ricerca

In primo piano