Ricotte a un euro e ali di pollo anticrisi

Al mercato sono tante le strategie degli ambulanti. «Alla gente diamo sempre qualità, ma dobbiamo attirarla con i prezzi»


di Luca Marognoli


TRENTO. Al mercato non ci sono carte fedeltà o “prodotti a marchio” come nei supermercati. I venditori ambulanti devono puntare sulla fantasia ed elaborare le loro personali strategie per venire incontro a una clientela con disponibilità economiche sempre più ridotte. Come Orazio Schelfi, al banco del formaggio in via Verdi, che ha lanciato le “ricotte civetta”: «Offro alcuni prodotti a prezzo di costo per attirare la clientela e la ricotta, che produco nella mia azienda agricola di Brentonico, è fra questi: costa 1 euro e pesa 3 etti e mezzo. Ma tengo anche le caciottine da 7,5 etti a 5 euro al pezzo». Le offerte sono aumentate: «Una volta le facevamo su un paio di prodotti, oggi su 5 o 6. La gente fa spese più piccole rispetto a qualche anno fa, ma è molto attenta alla qualità: preferisce prendere meno roba, ma buona e prodotta da aziende locali».

Proprio accanto c’è il furgone attrezzato del pollo arrosto: «Noi abbiamo già prezzi tiratissimi: li abbiamo tenuti fermi nonostante l’aumento delle spese», dice Liliana Bertoldi dell’Autogrill Veneto di Levico. Chi vuol spendere meno può orientarsi sulle alette, molto apprezzate: «Vengono 13 euro il chilo - dice la venditrice - e te ne porti a casa 20 o 25».

Aldilà della strada le massaie si accalcano davanti al banco della frutta e verdura: «I clienti comprano meno ma comprano meglio e noi puntiamo sulla qualità e la freschezza», spiega Devis Ravanelli di Bedollo. «Un esempio: la classica confezione di datteri da 2,5 etti a 98 centesimi è poco richiesta, a vantaggio dei datteroni giganti da 1,69 l’etto, che sono molto più saporiti». Chi una volta comprava due o tre chili di ortaggi, però, oggi si accontenta della metà. E per i venditori stare sul mercato è sempre più difficile: «Il margine è calato e noi limiamo il ricarico. La gente apprezza la bontà dei prodotti e risponde bene. Incentivi? Per trent’anni abbiamo dato 6 uova in omaggio per spese sopra i 15 euro, ora però non lo facciamo più: non ci stiamo dentro». Un’altra tendenza intercettata dal venditore che però riguarda meno i prezzi, è la richiesta di maggiore varietà: «Un esempio? Abbiamo anche il cavolo nero e le puntarelle».

Il “non alimentare” segue logiche diverse: lo stock, la scelta accurata dei prodotti più “modaioli” e i saldi. Accanto alle Due Spade c’è un banco con sciarpe e berretti misto cachemire scontati da 15 a 10 euro, mentre a soli 10 euro ci sono scarpe sneakers e imitazioni degli stivali morbidi australiani Ugg: «É merce che abbiamo trovato da stoccare in ditta. Noi lavoriamo sia sui fallimenti che sulla seconda scelta», dice una venditrice. E la qualità? «La gente risparmia su quella, ma non sulla moda», spiega il titolare, Luca Zecchini di Tombolo (Cittadella). «I giovani prediligono la modellistica e i colori, così capita che vada di più l’80% acrilico e ti resti lì il 100% lana. Alla composizione sono più attenti gli anziani». Nonostante la crisi - osserva il commerciante - «c’è meno gente di quanto dovrebbe venire, siamo in controtendenza». Una cliente commenta: «C’è chi preferisce Zara...». Zecchini concorda: «Sono le grandi catene come H&M a farci concorrenza. Loro risparmiano sulla distribuzione: vanno come tutti in Asia, ma producono direttamente milioni di capi. A noi non resta che scegliere con grande attenzione». Diverso il target di Fabio Moranduzzo di Gardolo, ambulante dal 1981: «Al mercato c’è chi viene per la “merce a prezzo”, soprattutto cinese, ma sono sempre di più quelli che cercano la qualità. Qui trovano prezzi più alti dei cinesi, ma del 20% più bassi rispetto ai negozi, così non devono aspettare i saldi per venire. La gente è tornata a comprare al mercato tutto l’anno, il vero problema è l’aumento esagerato delle spese, dal gasolio ai plateatici».













Scuola & Ricerca

In primo piano