Rettorato, il quarto candidato è Vitale
Il professore ordinario di Fisica scopre le carte e annuncia la sua intenzione di correre per la successione a Davide Bassi
TRENTO. «Abbiamo di fronte un’opportunità esaltante e irripetibile: far passare l’Università di Trento dall’essere un buon ateneo pubblico italiano, ad una buona università di livello europeo. Mi candido per portare questo all’attenzione dei colleghi». Stefano Vitale, professore ordinario presso il Dipartimento di Fisica ed ex pro rettore dell’Ateneo, dal 2001 al 2004, è, da oggi, il quarto candidato ufficiale per succedere al rettore uscente, Davide Bassi. Prima di lui avevano già dato la loro disponibilità l’ex preside di Economia, Enrico Zaninotto, l’ex preside di Lettere, Maurizio Giangiulio, e l’ex preside di Scienze, Marco Andreatta. «Tutte persone ottime – commenta Vitale – e con le quali sarà interessante confrontarsi. L’importante, però, è che si discuta di come cogliere quest’opportunità di competere sul piano internazionale che ci viene dal buon livello già raggiunto, dal nuovo Statuto, e dalle condizioni finanziarie particolarmente favorevoli, soprattutto se confrontate con quelle delle altre Università italiane».
Lei, quindi, professor Vitale, non è tra quelli che rifiutano aprioristicamente il nuovo Statuto.
Diversi suoi colleghi, negli scorsi mesi, lo hanno criticato apertamente. Per qualcuno è stato approvato senza partecipazione e provocherà quella che il professor Pascuzzi ha definito “una deriva autoritaria” del sistema universitario trentino.
Lei che ne pensa?
Penso che forse si sarebbe potuto coinvolgere un po’ più il corpo docente dell’Ateneo nella discussione ma, che comunque il nuovo Statuto ci dà la possibilità di un autogoverno più rivolto a perseguire l’obiettivo di far crescere il posizionamento internazionale dell’ateneo, principalmente attraverso il reclutamento di docenti di alta qualità. L’ateneo ha mostrato di recente di attirare docenti di livello internazionale e, grazie al particolare Patto di Stabilità di sui godiamo, poi, possiamo rimpiegare il 35% delle nostre risorse per fare nuove assunzioni ed arrivare ad aggiungere fino a un ulteriore 25%, se quello che si va a finanziare risponde a determinati standard di qualità. In 6 anni potremmo far ruotare fino al 15% del corpo docente. Siamo un unicum nel panorama nazionale dove le università possono al massimo rinvestire il 20% delle loro risorse per nuove assunzioni. Resta, però, che con il nuovo Statuto, all’interno degli organi di governo dell’Ateneo, non sono più rappresentati il personale tecnico amministrativo e i ricercatori.
Non si rischia di limitare la partecipazione?
L’Università è dei cittadini che pagano le tasse. Un ospedale non è dei dottori che ci lavorano, è della comunità che lì viene curata e trova assistenza. Noi come membri dell’Università dobbiamo cercare di dare alla cittadinanza il miglior servizio possibile. Quello di pensare che gli organi di governo dell’Università siano delle camere di contrattazione di categorie o settori disciplinari è stato uno dei mali del sistema italiano... Per intraprendere una nuova iniziativa bisognava sempre dare qualcosa un po’ a tutti. Ora la responsabilità delle scelte è rimessa al rettore e al Senato Accademico. Sarà loro compito ascoltare tutti, dialogare, coinvolgere e infine decidere.
E con i centri di ricerca l’Università come dovrà rapportarsi?
Con i centri di ricerca dovrà esserci un interscambio delle intelligenze. Personalmente penso che i leader scientifici di questi centri dovrebbero anche essere in qualche modo anche membri del corpo accademico dell’Università attraverso meccanismi di doppia affiliazione, perché tra questi due mondi c’è e ci deve essere grande collaborazione scientifica.
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