Referendum, Penasa (lega): "Acqua, i Comuni tagliati fuori"

Accuse alla Provincia: «Business enorme nelle mani di pochi». Un partito trasversale per il sì, centrodestra diviso


Luca Marognoli


TRENTO. Franca Penasa contro la privatizzazione, Giacomo Santini a favore. Il centrodestra arriva diviso all'appuntamento con il referendum del 12 e 13 giugno. Ma se il senatore del Pdl parla di materia già normata a livello europeo, la consigliera leghista per 14 anni sindaco di Rabbi è una vera e propria militante del partito, trasversale, per l'acqua pubblica. Tanto da voler cambiare lo Statuto.
Secondo Santini «il quesito è stato mal spiegato: nessuno vuol mettere in discussione la vendita del bene acqua, che non è alienabile. Il referendum propone la presenza del 40% di privati nella costruzione di infrastrutture unicamente per la distribuzione. E' una questione demagogica. Anche chi gestisce l'acqua oggi ci guadagna: non facciamo i verginelli». Le direttive europee - continua il senatore - «pongono limite alle tariffe e stabiliscono regole per il tipo di società di gestione. Noi arriviamo buoni ultimi riprendendo il sacco in cima di una questione già chiarita anche a livello normativo. Il dibattito era partito con analoghi allarmismi, ma si era poi capito che è possibile una gestione pubblica senza che nessuno venga defraudato dei diritti naturali». Non una battaglia di democrazia, ma «di tipo ideologico», afferma Santini, che ricorda di essere presidente del gruppo parlamentari "Amici della montagna", che riunisce 193 fra deputati e senatori di tutti i partiti e che annovera tra i propri soci il Federbim, il Cai, l'Uncem.
Franca Penasa sta sull'altro versante della barricata. «Già nel 1998 ero iscritta al comitato dei sindaci per l'acqua nato all'indomani della legge Galli, la quale prevedeva che nel 2008 i soggetti che gestivano la rete sarebbero entrati di diritto nella proprietà della concessione, una cosa pazzesca. Era un movimento trasversale: la questione non è né di destra né di sinistra, bisogna vigilare». Penasa presenterà a breve una proposta di modifica dello Statuto di autonomia che mira ad inserire il principio che l'acqua è un bene pubblico non assoggettabile ad interessi di tipo economico. «Sarà una cartina di tornasole - afferma - per verificare se tutti i partiti che oggi dicono di essere a favore del referendum lo siano veramente e non per presa di posizione politica contro il governo». Per la consigliera leghista «il Trentino non si è salvato dall'assoggettamento dell'acqua agli interessi economici. Non c'è mai stata gara: la gestione è andata a soggetti sui quali non ho nulla da obiettare, ma resta il fatto che un bene pubblico è stato riservato a pochi e il business è enorme. Dolomiti Energia guadagna in molti settori, dalla depurazione alla gestione degli acquedotti fino alla produzione idroelettrica: in quest'ultimo ambito, nel 2009 la resa finanziaria è stata del 25%». Nel frattempo le amministrazioni locali - continua Penasa - sono uscite di scena. «Il giochetto è stato questo: la Provincia ha costruito i depuratori in 4 ambiti, poi ha dato in appalto la gestione a queste società. Così ha bypassato i comuni. E ora con la gestione vuol fare lo stesso, affidandola alle Comunità di valle».

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