«Recessione, il Trentino è a rischio»

Il presidente di Confindustria Mazzalai: «Subito interventi per la crescita, non chiediamo soldi»


Chiara Bert


TRENTO. «Se l'Italia andrà in recessione, attenzione che il Trentino non può considerarsi immune. Servono, subito, interventi per la crescita». Gli industriali trentini premono sull'acceleratore. Sperano in Monti e guardano alle prossime mosse di Dellai. Il presidente Paolo Mazzalai detta alla politica la sua «ricetta» per innestare la marcia dello sviluppo. Sul piano nazionale: liberalizzazioni, privatizzazioni e riforma del mercato del lavoro. A livello locale: lotta serrata alla burocrazia, sblocco degli investimenti privati, una quota dei finanziamenti alla ricerca vincolati ad accordi con le aziende, investimenti sul territorio da parte di Pensplan, moratoria della legge Gilmozzi sulle seconde case limitatamente al già costruito e tassando le vendite. Secondo il Centro studi di Confindustria nel 2012 l'Italia sarà in recessione, con un Pil in calo dell'1,6% e 800 mila disoccupati.

Presidente Mazzalai, cosa rischia il Trentino in questo quadro nazionale?
Il Trentino è parte dell'Italia e non può non tenere conto di ciò che sta avvenendo nel nostro Paese e più in generale in Europa. Non siamo immuni dal pericolo. La nostra Provincia può avere certamente qualche possibilità in più, rispetto ad altri territori, di accompagnare questa crisi, le nostre risorse si chiamano ricerca, innovazione, internazionalizzazione. Ma scontiamo anche problemi che vanno oltre il nostro territorio, come la crisi del credito che non consente alle imprese di avere liquidità.

Il parlamento si appresta a dare il via libera definitivo alla pesante cura del governo Monti. Ma anche tra chi ha votato la fiducia, sono in molti a definirla una «manovra recessiva».
Questa era una manovra assolutamente necessaria per salvare l'Italia. È una manovra che certo contiene scelte dolorose anche per i redditi medi, ma colpisce anche i patrimoni e i redditi alti. Osservo poi che per la prima volta è stato affrontato il nodo delle pensioni e c'è stata un'attenzione al mondo produttivo attraverso la defiscalizzazione degli utili reinvestiti. È vero che mancano ancora gli elementi per la crescita, ma può essere l'inizio di una svolta.

Cosa serve per rimettere in moto una crescita che l'Italia non conosce più ormai da anni?
Innovazione, privatizzazioni, liberalizzazioni, una riforma del mercato del lavoro che garantisca flessibilità in ingresso e in uscita, riforma degli ammortizzatori sociali. È fondamentale fare presto. Speriamo che il governo Monti arrivi a completare il suo intervento su questi fronti e lo faccia in tempi rapidi, entro gennaio.

Teme che dopo gennaio sia già troppo tardi o che il governo non abbia più la fiducia in parlamento?
Il raffreddamento dei partiti si è visto già con il voto di fiducia sulla manovra. Credo che uno snodo importante sarà il 21, quando la Bce aprirà i canali della liquidità alle banche, e quindi di conseguenza alle imprese. Potrebbe essere l'avvio di una ripresa. L'economia, non dimentichiamolo, è fatta di numeri e di sentiment. Se si percepisce che l'Italia, e l'Europa, si stanno impegnando e credono nella ripresa, può darsi che la stretta finanziaria internazionale si allenti.

Tra oggi e domani verrà approvata la Finanziaria provinciale, la giunta l'ha definita una «manovra per la crescita». È d'accordo?
Io la definisco una manovra con luci ed ombre.

Quali le ombre?
Aver considerato ancora poco le esigenze del mondo produttivo, non aver fatto abbastanza per sburocratizzare il sistema, non aver inciso sui costi della politica, i tempi lenti della riforma istituzionale che vedono le Comunità di valle ancora a metà del guado. Le imprese non vogliono aiuti diretti, ma un contesto che favorisca la produttività. Da noi la Provincia è ancora convinta di poter risolvere tutto con il suo intervento diretto, invece sono le imprese che si salvano da sole se messe in condizione di poter produrre.

Cosa serve per creare questo contesto? Ci faccia qualche esempio.
La Provincia finanzia in modo forte la ricerca universitaria, bisognerebbe che una quota di questi investimenti fosse legata ad accordi con le aziende locali, a progetti mirati. Secondo: Pensplan, che è una cassaforte miliardaria, ha la possibilità di investire non solo in giro per il mondo, ma anche sul nostro territorio, lo faccia. Sbloccare gli investimenti privati, a partire dal settore energetico, che oggi sono fermi a causa della burocrazia e di processi decisionali troppo lunghi. Infine propongo una moratoria della legge Gilmozzi sulle seconde case, ma limitatamente agli immobili già costruiti e invenduti: si potrebbe trovare una formula per alleggerire questo parco di residenze oggi non vendibili immaginando che i Comuni possano tassare le transazioni, traendone quindi un vantaggio finanziario. Ecco, queste sono alcune azioni di sistema non legate alle singole aziende. E sono azioni quasi a costo zero per la Provincia.













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