«Questo Trentino ha perso i suoi valori»

L'anatema di Dalfovo (Acli): troppe deleghe, pochi doveri, una terra immobile


Luca Marognoli


TRENTO. Il Trentino della cooperazione che ha dimenticato cosa significa cooperare, cioè lavorare assieme dandosi una mano l'un l'altro come hanno sempre fatto le genti delle sue valli. Il Trentino dell'autonomia che ha smarrito la sua capacità di essere autonomo e quindi speciale, cadendo nella trappola dell'omologazione. Fino a perdere di vista i suoi valori e addirittura la «bellezza del suo paesaggio», per colpa della «trascuratezza architettonica». E' una terra che ha tradito se stessa, caduta in un'abulia patologica e colpevole quella che ieri il presidente delle Acli, Arrigo Dalfovo, ha cercato di risvegliare.

Con una scossa vigorosa e appassionata, con un invito forte a ritrovare le sue radici mutualistiche per riguadagnare una visione di prospettiva smarrita. Dove i giovani siano protagonisti di «un percorso di rigenerazione della classe dirigente» e i «cattolici ritornino ad occuparsi di politica». Il Trentino di oggi è minacciato non tanto da «nemici esterni» che vorrebbero «asservirlo al potere padano e centralista».

Il problema dell'Autonomia «risiede piuttosto nella caduta di partecipazione degli stessi trentini, nei rischi insiti nella loro indifferenza e omologazione ai modelli tipici delle culture metropolitane», ha tuonato il presidente. Che ha rincarato con altre accuse durissime: di avere tollerato il diffondersi di «una prassi della delega» che ha distolto un popolo di montagna dai suoi «doveri di partecipazione», di essere diventato subalterno «ad una cultura paternalista rappresentata dall'ente pubblico», di avere subito «una visibile caduta di capacità di intrapresa», di avere denunciato atteggiamenti di «chiusra localistica».

Il discorso tenuto ieri all'Arcivescovile per il 25º congresso delle Acli trentine, è stato interrotto quattro volte dagli applausi del pubblico, che gli ha tributato una lunga ovazione finale. L'attualità del dibattito politico è entrata in scena alla 16ª delle 20 pagine della relazione, ricchissima di spunti. Lo ha fatto con un invito a non abolire le Comunità di valle: «Noi diciamo no alla loro abrogazione ed un sì responsabile al loro continuo miglioramento», ha affermato Dalfovo. «Non possiamo buttare via decenni di dibattito sull'autonomia delle nostre vallate, specie se la risposta coincide con il vuoto progettuale e gli atteggiamenti populisti dell'antipolitica». Dal presidente è venuto anche un appello a un'immediata riforma per il rinnovamento della rappresentanza parlamentare, «senza porcate elettorali».

Dalfovo ne ha per tutti: per i politici corrotti, per le banche succubi della finanza, pure per l'immobilismo della Chiesa. Il sistema politico registra la sua «massima caduta storica», con un'amministrazione della cosa pubblica che «ha rinunciato all'idea di futuro, ha investito su una classe dirigente non solo corrotta ma anche mediocre, ignorante, priva di competenze». Un problema che non riguarda solo i partiti, ha aggiunto il presidente: «La mediocrità ha vinto in tutte le latitudini della vita associata e in questo, dobbiamo ammetterlo, la stessa Chiesa cattolica non ha fatto eccezione». L'invito è ad uscire «dalla pura autoreferenzialità nella quale si è relegata in questi anni» per rilanciare, a 50 anni dal Concilio Vaticano II, «un grande progetto di apertura, di fratellanza e di pace fra i popoli».

Per il futuro del movimento, le parole d'ordine sono due: «nuovo mutualismo e nuova rappresentanza». Sul primo versante le Acli hanno avviato un «processo di autoriforma», con esperienze quali la Casa sociale e del lavoro, lo sportello lavoro del Patronato, la Scuola di comunità e il progetto Acli Care per la formazione delle assistenti familiari. Un altro passo fondamentale va nella direzione dell'economia civile, orientata all'etica e al bene comune. Mentre il sistema mutualistico deve essere rafforzato «per fare del credito cooperativo la vera banca etica trentina».













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