Quel campetto che divide Piedicastello
Usato da torme di ragazzi, anche a tarda notte, causa disturbo ai vicini ed è sempre occupato. Redolfi: «Servono regole»
TRENTO. Troppo bello e, soprattutto, “troppo gratis” quel campetto di erba sintetica, quasi da professionisti, ricavato ai piedi del Doss Trento. Troppo vicino al centro città e troppo utilizzabile da tutti, senza dover prenotare e senza limiti di orario. Il risultato non poteva essere che uno: troppi ragazzi, anche 50 in un campo da 5 più 5, troppe grida, troppe “sbalonade” rumorose, anche fino alle 2 di notte.
Ci è voluto poco perché il campetto di calcio di via Doss Trento diventasse il “campo della discordia”, con il quartiere di Piedicastello, soprattutto i residenti nei dintorni, che chiedono meno frastuono, più tranquillità e, magari, la possibilità di portare anche i propri bambini a tirare due calci al pallone senza trovare il piccolo impianto sportivo sempre, inesorabilmente, occupato.
Nei giorni scorsi uno stuolo di mamme, papà e bambini hanno “marciato” sul campetto come per riconquistarlo simbolicamente ad un uso più civile e meno esclusivo. É stato coinvolto anche Melchiore Redolfi, presidente della Circoscrizione Centro storico – Piedicastello, che spiega: «Cosa succede? Rumore e casino fino alle 2 di notte. Le luci le abbiamo fatte spegnere alle 22, sennò restavano accese fino all'una. Ci sono ragazzi dappertutto e anche qualche nomade non troppo rispettoso della cosa pubblica: lasciano sporco e rompono pezzi di rete... L’impianto va semplicemente gestito: non serve chiedere soldi, basta che i vigili aprano alle 7 e chiudano alle 22. Vedremo poi se prevedere una turnazione».
Domenica pomeriggio, ore 16. Nel campetto si gioca alacremente: squadra decisamente multietnica, con una maggioranza di stranieri (come in molti club di serie A). Una decina i ragazzi in azione, quattro o cinque a bordo campo, pronti ad entrare. Sugli “spalti” (una piccola gradinata) un bambino di 10 anni, nell’area giochi una decina di ragazzine adolescenti che cantano. Tutto molto “normale”: il comportamento degli “utenti” sembra irreprensibile. Ma non sempre è così. Un uomo sui 40 esce in bici da uno dei palazzi aldilà della strada: «Abito qui da sempre: prima c'era un prato, poi il Comune l'ha espropriato per farci il parco, un paio d'anni fa. Ci sembrò una buona notizia: un modo per valorizzare la zona. Purtroppo però, senza fare catastrofismi, in poco tempo il campetto si è popolato all'inverosimile. Ho visto giocarci dentro anche 50 persone e fino a notte inoltrata. Con qualche adulto di troppo...».
Arriva un'auto, si ferma pochi secondi poi riparte con una sgommata bruciante. «Vede cosa succede: a volte arrivano delle bande con la radio a tutto volume. Io sono per la tolleranza e l'integrazione, ma qui gridano invece che giocare. L'officina Trapasso è stata costretta a chiudere il piazzale con una catena, perché era sempre invaso da altri mezzi». Ce n’è anche per gli urbanisti: «Credo che questa sia l’unica via di Trento senza uno spazio per parcheggiare. Chi ha fatto il progetto non ha pensato neppure a una rastrelliera per le bici...».
La conclusione è la stessa di Redolfi: «Il campo ormai c’è e allora deve essere gestito come si deve. Va regolamentato e aperto anche ai bambini. Non dico di metterci un custode, ma un referente che apra e chiuda la porta sì. Ci aspettiamo un intervento».
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