Quei campi pieni di detriti a Mattarello

Doveva arrivarci la cittadella militare, ma non se n’è fatto nulla. Il terreno è più alto di tre metri e pieno di erbacce


di Luca Marognoli


TRENTO. Oggi non parliamo di scheletri di cemento armato, come a Trento Nord, ma di un terreno agricolo un tempo considerato di pregio, che da anni giace in uno stato di abbandono, ricoperto di cespugli ed erbacce. Un terreno - quello sul quale avrebbe dovuto sorgere la contestatissima cittadella militare di Mattarello - che nel frattempo è cresciuto in altezza di almeno tre metri rispetto al livello originario. Riempito da tonnellate di inerti scaricate dai tir scesi dalla val di Fassa.

Qui gli scheletri sono di altro tipo: quelli nell’armadio di chi ha gestito un’operazione trasformatasi in un grande buco nell’acqua. Questo è, almeno, il parere di Fabrizio Demattè, chimico, da tre generazioni a Mattarello, tra i referenti del Comitato spontaneo contro la costruzione della cittadella militare, che - dice - «è quiescente ma vigile». «L'ecomostro c'è ed è interessante come ci sia stata una grande omertà sulla vicenda a causa di una serie di errori per i quali nessuno a pagato: tuttora non so quale privato possa permettersi di tenere un terreno incolto e non sfruttato per anni in un periodo di crisi. Nonostante tutto, abbiamo avuto grandissima difficoltà ad avere accesso alle informazioni».

La zona - spiega Demattè - «si chiama Palù e tutte le cartine la indicano a rischio idrogeologico, tant'è che uno dei timori evidenziati dal nostro comitato all’epoca era che l'Adige espandesse a nord o a sud in caso di piene, interessando l'abitato». Considerando il progetto destinato a divenire realtà, «furono portate grandi masse di materiale smarino, prelevato dalla perforazione delle gallerie di Moena e che non c'entra assolutamente con la struttura del terreno, con l’intenzione di comprimerlo sul suolo esistente. Ci fu anche un esposto in procura per il contenuto di solfati, che sarebbe stato di 5 volte volte superiore al limite per il test di cessione (alla falda), ma che ci risulta archiviato un paio di anni fa. Il progetto prevedeva che il piano campagna fosse alzato di almeno tre metri perché l'Adige non raggiungesse i fabbricati. Il tutto su una superficie ipotizzata di 27 ettari».

Come sappiamo, il progetto delle caserme è invece tramontato. E anche i motivi sono noti: «Quello economico era il più importante», continua Demattè. «Il patto di dare e avere del 2002 era sbilanciato: la Provincia riceveva 45 ettari nelle aree dismesse del Demanio e tutti dicevano che ci aveva guadagnato, ma non avevano fatto bene i conti: nel 2008, infatti, il vantaggio per lo Stato era di 80 milioni di euro. E in quella cifra, per di più, non era computata la bonifica da idrocarburi e da amianto effettuata nell'area Desert». C'erano poi - continua il chimico - «parecchie incongruenze normative: avevamo fatto notare all’allora vicepresidente Pacher che si stava facendo un'opera priva della valutazione di impatto ambientale. Serviva un decreto interministeriale che sancisse questa esenzione, decreto però mai firmato...».

Ora il comitato teme che agli errori già compiuti se ne aggiungano altri. «Furono espropriati i terreni con somma urgenza, pagandoli tre volte tanto quanto preventivato (35 milioni contro 11). Il rischio adesso è che in quella zona si costruisca, per rientrare della notevole esposizione economica. Invece di tornare indietro, quindi, la cosa più probabile è che si vada avanti. Bisognerebbe chiedere a chi ha preso decisioni sbagliate di pagare per errori che sono evidenti agli occhi di tutti. Il fatto che si fece un passaggio in piano regolatore come se si trattasse di una palestra stride con la segretezza che circondò il progetto».

La domanda da porsi ora è cosa fare di quel terreno snaturato (senza un’utilità per la cittadinanza) dall’azione dell’uomo. «È una terra fatta per essere coltivata: non so se si possa tornare a farlo, ma basterebbe consultare un agronomo», conclude Demattè. «Certo, potrebbe tornare ad un uso pubblico: che si tratti di orti, di coltivazioni o di un parco».













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