IL PERSONAGGIO

Quei 2.500 pesci che portano ovunque i sorrisi di Anffas

L’ideatore Menestrina: «Così l’handicap arriva nelle case» E ora saranno i testimonial dei 50 anni del sodalizio


di Luca Marognoli


TRENTO. Avete presenti i pesciolini rossi che qualche burlone getta nei laghetti e poi diventano centinaia, grossi come trote? Il pesce giallo del Centro socio educativo Anffas di via Gramsci è di legno e non ha le pinne ma si è moltiplicato a dismisura, almeno di numero: gli “esemplari” hanno già superato quota 2.500, arrivando nelle mani addirittura di Papa Francesco e del Dalai Lama, di Dario Fo e Giovanni Allevi, di Margherita Hack e don Mazzi, di Pupi Avati e Zygmunt Bauman. Persino nei piedi magici della ballerina senza braccia Simona Atzori. È andato anche piuttosto lontano: dalla Nasa di Houston alla casa di Babbo Natale, a Rovaniemi, dalla California (dove Moreno Moser l'ha fotografato sott'acqua) alla Cina, fino a raggiungere il Gange dove è stato abbandonato tra i flutti. «Con un pezzo di legno di tre centimetri per quattro stiamo girando il mondo», racconta il “padre” dell'originale creatura, Maurizio Menestrina, operatore Anffas e disegnatore dalla sterminata fantasia e dal debordante entusiasmo (se vi ritiene “adatti” allo scopo ci mette poco a “pescizzarvi”). Lui sta al pesciolino di legno come Geppetto a Pinocchio. Con la differenza che la sua invenzione, che come il burattino di Collodi ha un'anima speciale, nasce da tante mani e – pur restando un oggetto unico e sempre diverso – è diventato “seriale”. Le mani creatrici sono quelle degli ospiti del Cse di via Gramsci, che dal giugno 2007, nel tempo rimasto libero tra una attività e l'altra (spaziano dall'ippoterapia alla psicomotricità, dalla pet-therapy al nuoto in piscina), sono diventati una magnifica e miracolosa catena di montaggio. Una fabbrica di sorrisi e condivisione.

Lui, il protagonista di questa fiaba che attira stupore e meraviglia ogni giorno, si chiama “pesce grazie” e se ve ne daranno uno vi seguirà in ogni dove. «Siamo riusciti a creare un legame straordinario di donazione», continua Menestrina, per gli amici “Mene”. «Quando lo ricevi noi non ti chiediamo niente. Tu diventi veicolo di un pensiero etico, portatore sano di un messaggio che i nostri ragazzi non sono in grado di veicolare fisicamente o intellettualmente. Con il pesce l'handicap te lo porti a casa. È un modo per dire: io ci sono! E io ti dico “grazie di cuore”».

Bella pensata, Mene! Ma come gli sarà venuta? Tutto è iniziato da un acquario per pesci (veri), destinato alla discarica. Era nella cantina di Luca Vareschi, responsabile del Cse, ma Maurizio l'ha intercettato. «Le pompe e i vetri erano integri e ho pensato: perché non lo trasformiamo in qualcosa di interattivo? Era una cosa statica e la prima idea è stata quella di dargli movimento. Come? Uscendo per prendere i pesci, il mangime, gli accessori. Poi abbiamo iniziato a lavorare con la materia, come velluto, creta e stoffa, per rinforzare il concetto di pesce. Non potendo i ragazzi comunicare verbalmente, l'oggetto permette loro di trasferire percezioni, sensazioni ed emozioni». Su una cartella l'operatore ha incrociato i nomi dei ragazzi con le diverse abilità di cui dispongono (trasporto, manipolazione, carta vetrata, pittura, colla, spago, nodi...). Ciascuno fa quello che riesce, c'è anche chi del confezionamento è solo spettatore, ma il pesce passa - anche simbolicamente - attraverso le mani di tutti.

Mentre ti racconta questa incredibile storia Menestrina si infervora: «Tutto questo era un'utopia. Un progetto pedagogico di équipe, con un'idea, vista in funzione di un bisogno... Ma se non fosse stata condivisa sarebbe rimasta tale». Mancava qualcosa per dare vita a quei pesciolini gialli. Ecco che d’improvviso si è accesa la lampadina: «Ho pensato: sarebbe bello se potesse diventare un gadget, un dono». Così “Pesce grazie” ha iniziato a nuotare per il mondo, è stato accompagnato da un certificato che viene consegnato assieme al pesce, è arrivato sulle magliette di Giochi senza barriere e sulla stampa, anche estera.

Ormai libero di nuotare in mare aperto e con le stellette conquistate sul campo accompagnando vip e persone comuni per milioni di chilometri, “Pesce grazie” ha anche avuto l'onore di diventare il simbolo dell'Anffas di Trento che in dicembre compirà 50 anni. La direzione ha commissionato la produzione di 500 pesciolini gialli di legno fatti a mano con sopra impressi il simbolo dell'Anffas nazionale, la rosa blu, e la data dell'anniversario.

Arrivano in visita i bimbi della scuola dell’infanzia La Clarina, truccati da gatti: loro cantano una canzoncina e Menestrina li “pescizza”. Poi ci presenta gli ospiti di Anffas, i suoi colleghi e colleghe, ci mostra le sale dove si svolgono le attività, quella per la manicure e il rilassamento (ha costruito una chaise longue di cartone riciclato che regge un peso di 800 chili ed è di una comodità strepitosa), la vasca componibile che viene riempita di palline di plastica dove nuotare beneficiando di uno speciale massaggio, il salotto centrale con un grande tavolo, poltrone e la tv dove proiettare i cartoni animati. Tutto curato e pulito.

Ci scappa l’occhio in un angolo, verso la zona mensa, dove spicca un acquario. Guardiamo il “Mene”. «È quello, certo», sorride. «Dentro è rimasto un pesce solo, dovremmo mettercene qualcun altro».













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