Provincia, la grande corsa al telelavoro
Sondaggio fra duemila dipendenti: oltre la metà vorrebbe l'ufficio a casa
TRENTO. Più della metà dei dipendenti provinciali sarebbe felicissima di lavorare da casa o, almeno, nei dintorni, lasciando quindi gli uffici centrali per conciliare al meglio la vita familiare con le necessità dell'impiego. Il risultato dell'indagine svolta con lo scopo di capire se il telelavoro è praticabile ha dato risposte molte nette e precise. Hanno risposto 2300 dipendenti (anche questo è un piccolo record, perché di solito le percentuali di adesione a tali iniziative è minimo) ed è significativo che le più interessate a dare il proprio parere siano state le donne, il doppio dei maschi. Del totale, il 51% ha risposto che sì, il telelavoro piacerebbe tanto, mentre un 17% si è detto incerto. Per un 32%, invece, lavorare lontani dall'ufficio è improponibile.
Curiosamente, sono di più i maschi a votare per l'impiego a distanza. La maggioranza, cioè il 47%, preferirebbe trasformare la cucina di casa nel proprio ufficio; il 19% invece troverebbe comodo un telecentro vicino a casa, mentre il 33% troverebbe indifferente una soluzione piuttosto che l'altra.
Parecchie considerazioni si possono fare sulle motivazioni che hanno dato i dipendenti. Praticamente tutti hanno messo la crocetta sulla conciliazione privato e lavoro. E' questa, in realtà, la vera motivazione che sta alla base di una potenziale scelta del telelavoro. La gestione personale della propria occupazione permette di "incastrare" anche gli altri doveri, per esempio seguire i figli o accudire i genitori anziani.
Il pendolarismo e l'obbligo di un orario fisso creano infatti parecchi problemi che limitano sia le attività private che la stessa efficienza degli uffici. Molte donne, infatti, hanno sottolineato che con il telelavoro potrebbero aumentare le ore lavorative. E' il caso di chi oggi è costretto a prendere il part time, un sistema, alla fine, rigido e obbligato se si hanno incombenze familiari da soddisfare. Il telelavoro permetterebbe di conciliare meglio questa situazione, arrivando quindi anche ad un incremento degli orari di servizio. «Gli aspetti positivi - spiega l'assessore Mauro Gilmozzi - sono tanti e vanno letti sotto diversi profili: c'è quello sociale per cui i lavoratori possono accudire figli o genitori con più elasticità; ma c'è quello anche della produttività, con una gestione migliore del tempo dedicato all'ufficio. E poi possiamo metterci altri aspetti come quello ambientale, con la riduzione del pendolarismo, quello della serenità del lavoratore e, infine, anche quello economico. Giù nel primo anno si riesce ad ammortizzare il 50 per cento dei costi per la creazione di una postazione di telelavoro».
«Questo progetto - aggiunge l'assessore alle politiche sociali Ugo Rossi - non è un privilegio ai dipendenti provinciali, ma ha un obiettivo sociale ben più alto con ricadute importanti». Per il momento sono operative alcune sperimentazioni con il telecentro di Rovereto e alcune postazioni di telelavoro domiciliare. Il programma prevede 25 nuove postazioni entro giugno, 75 entro l'anno e 100 entro il giugno del 2013 (ma potrebbero essere di più). In tutto 200 dipendenti che usciranno dai loro uffici per lavorare da casa, utilizzando le moderne tecnologie di supporto informatiche.