«Progettone? Per i giovani serve altro»
Schizzerotto: Provincia con le armi spuntate. E servono controlli più rigorosi
TRENTO. «Se pensiamo a interventi di urgenza per persone oltre i 40-50 anni, può essere ancora la risposta. Ma per la disoccupazione giovanile serve ben altro. E la Provincia in questo momento non mi sembra del tutto attrezzata».
È scettico, Antonio Schizzerotto, sull'efficacia del "Progettone" di fronte all'incalzare della crisi economica. Uno strumento che per il sociologo, tra gli studiosi più autorevoli della società trentina, andrebbe prima di tutto implementato in termini di controlli nei confronti di chi, detta senza giri di parole, «gioca a fare l'opportunista»: chi insomma si comporta in maniera tale da farsi licenziare da un'occupazione magari sgradita, per poi rientrare nel mercato del lavoro dall'accogliente porta di servizio del "Progettone". Casi secondo il sociologo tutt'altro che rari. «La pubblica amministrazione, a partire da quella statale da questo punto di vista non ha strumenti adeguati per sottoporre a controlli chi fa il furbo - afferma Schizzerotto - invece di esami a campione servirebbe un'analisi sistematica, per fare in modo che di strumenti come il "Progettone" usufruisca solo chi è davvero estromesso dal mercato del lavoro al di là della propria volontà».
Senza quindi offrire un salvagente a chi se lo meriterebbe meno di altri, licenziati realmente e non privi di occupazione per scelte individuali, per quanto a volte legate a situazioni di mobbing o dequalificazione professionale che pure, spesso, non guardano in faccia a nessuno.
Controlli dunque efficaci, sono quelli che auspica Schizzerotto, e potenzialmente sanzionatori come quelli della Guardia di finanza in materia di dichiarazioni dei redditi. Ma chi li dovrebbe svolgere? «Potrebbero farlo i vigili urbani, ma non dipendono dalla Provincia - prosegue il sociologo - e poi era un meccanismo che andava avviato in maniera stringente fin dall'inizio: impossibile pensare di introdurlo ora, in una fase economica così difficoltosa». Quando forse può essere socialmente più utile allentare la corda. E con buona pace di chi vede nel "Progettone", e nelle sue crescenti dimensioni in termini di spesa pubblica e di lavoratori coinvolti, una sacca di "socialismo reale": «Sarà anche così - replica - ma se il risultato di un mercato del lavoro aperto sono tutte queste persone estromesse, allora ben vengano strumenti come questo».
"Progettone" dunque sostanzialmente promosso nelle sue finalità e, sostiene Schizzerotto, ancora efficace anche di fronte all'aumentare inarrestabile della massa di disoccupati a cui rispondere: «È vero che vengono assorbiti in maniera sempre più consistente, e d'altra parte è altrettanto vero che è impossibile garantire un reddito a tutti: ma se si guarda ai tassi di povertà, il Trentino se la sta cavando ancora abbastanza bene. Certo è che se l'Italia andasse incontro a un default, neppure il Trentino si salverebbe. È per questo che servirebbero progetti più ambiziosi in materia di reddito garantito, integrati da nuove politiche del lavoro».
Discorso diverso per i giovani, i cosiddetti Neet (acronimo di "Not in Education, Employment or Training", cioè né studenti, né occupati, né tirocinanti) che costituiscono il frutto più amaro della crisi economica. In Italia e, in misura sempre crescente, anche in Trentino. «Qui gli effetti della crisi sono ancora in parte attenuati - spiega Schizzerotto - e nessuno ricorda che tra il 1993 e il '97 quella fascia sociale ha vissuto una situazione peggiore di quella attuale, con una disoccupazione giovanile anche maggiore in assenza di contratti a termine. È comunque un fatto che fino al 2006 le posizioni dei lavoratori in ingresso e di quelli anziani si erano via via riavvicinate. Oggi però il problema è nuovamente quello dell'incertezza e della mancanza di speranza che vivono i giovani, un problema drammatico che sta dividendo le generazioni. Qui il Progettone non basta. Ma la Provincia da questo punto di vista ha in mano armi spuntate». Impossibile infatti per Piazza Dante mettere in cantiere interventi in materia di sussidi di disoccupazione: la legge è nazionale, la competenza sta altrove. «L'autonomia dovrebbe chiedere di poter fare da sé - conclude il sociologo - ma mi chiedo: è questo il momento per farlo?».