Progettone, giro di vite in arrivo
Troppi costi: alzata di due anni l'età di accesso. Contributi: ci vorranno 15 anni
TRENTO. Pochi soldi, aspettativa di vita più alta e meno lavoro sulla piazza. E così pure il «Progettone» - la geniale idea trentina (invidiata un po' ovunque) per traghettare i cinquantenni disoccupati verso la pensione - dovrà presto tirare la cinghia. Da tempo, infatti, tra Provincia e sindacati è attivo un tavolo di lavoro per capire come contenere le spese del Progettone senza mutarne l'idea di fondo e l'efficacia. Ebbene, nel giro di qualche settimana dovrebbero giungere le prime indicazioni che - a quanto pare - virano tutte nella direzione dell'irrigidimento dei parametri di accesso al sistema.
Cosa cambierà? Innanzitutto dovrebbe venire eliminato il (vantaggioso) sistema di computo dei due anni di iscrizione alle liste di mobilità dal calcolo dell'età minima. Oggi l'età per accedere al Progettone è di 46 anni per le donne e di 51 per gli uomini. Si tratta di soglie «fittizie», in realtà, poiché nel calcolo vengono inseriti anche i due anni di permanenza nelle liste di mobilità. E dunque, per fare un esempio, io, lavoratore licenziato a 49 anni, potrò entrare subito nel Progettone in quanto alla mia età verrà aggiunto anche il periodo di permanenza nelle liste di disoccupazione. Provincia e sindacati intendono eliminare questo meccanismo e rendere effettivo il limite dell'età, sia per gli uomini che per le donne. Quindi - in definitiva - il nuovo sistema calcolerà l'età al momento del licenziamento e non più quella comprensiva dei due anni di disoccupazione.
Altra novità: il requisito dell'età dovrebbe essere accompagnato anche da quello dei contributi minimi versati che passa da dieci anni a quindici. I sacrifici ci saranno, innutile negarlo. E anche l'avanzato sistema di welfare trentino farà i conti con le minori risorse su cui potrà contare nei prossimi anni il bilancio provinciale. Del resto i conti del Progettone - nato poco meno di 30 anni fa quando in pensione si andava a 55 anni - non reggono più sotto il peso di un mercato del lavoro che negli ultimi anni ha prodotto sempre più disoccupati che vanno in pensione sempre più tardi. «Stare più di 20 nel Progettone - commenta un addetto ai lavori - non ha più senso, non è ciò che lo spirito del progetto aveva in animo di realizzare».
C'è, infine, una terza via a cui stanno lavorando sindacati e Provincia, una via che appare però molto in salita. Sarebbe quella di far sostenere il sistema anche ai privati, alle aziende nello specifico. E in particolare a quelle i cui dipendenti vengono messi in mobilità e finiscono a fare piste ciclabili, a pulire giardini o staccare biglietti nei musei. «Paghino anche le aziende», si dice, «che spesso scaricano sul Progettone le loro difficoltà economiche».