Preferenze di genere si va verso l’affossamento
Civica e Lega: «Nessuna mediazione, Trento e Bolzano devono avere la stessa norma». Nuova seduta a fine febbraio, ma non ci sono margini di accordo
TRENTO. Niente da fare per la doppia preferenza di genere. Il disegno di legge, prima firmataria l’assessora Pd Sara Ferrari - un solo articolo che prevede di adeguare la legge elettorale dei Comuni trentini al resto d’Italia, ovvero la seconda preferenza vale solo se di genere diverso dalla prima - si è infranto contro l’annunciato muro delle opposizioni: centrodestra e Movimento 5 Stelle. In totale 1550 emendamenti, una montagna insormontabile senza un accordo politico. Accordo che ieri in consiglio regionale non si è trovato.
A sera la presidente del consiglio regionale Chiara Avanzo chiude a sorpresa la seduta, per la protesta delle minoranze di lingua tedesca che lamentano la mancata traduzione di alcuni allegati agli ordini del giorno. I capigruppo concordano una nuova convocazione dell’aula per l’ultima settimana di febbraio, in uno slalom tra le sedute dei consigli provinciali a Trento e Bolzano. Ma mentre la discussione si allontana, il dato politico è che non ci sono spiragli di mediazione. Lo ammette il capogruppo Pd Alessio Manica: «Civica Trentina e Lega Nord sono irremovibili».
Che i margini di trattativa siano pressoché inesistenti lo si capisce fin dal mattino, quando lo stesso Manica - nel tentativo di bypassare l’ostruzionismo sul disegno di legge - propone un escamotage: un emendamento ai due disegni di legge sulle fusioni dei Comuni di Pieve di Bono e Prezzo e di Dimaro e Monclassico, con il quale si prevedono tre preferenze nei Comuni sopra i 3 mila abitanti con la regola che se si utilizza più di una preferenza, almeno una debba essere di genere diverso (quindi su due, un uomo e una donna; ma con la possibilità di votarne una terza).
La reazione delle minoranze non si fa attendere. «Siamo pronti a bloccare tutti i prossimi disegni di legge chiedendo i tempi non contingentati», minaccia Maurizio Fugatti (Lega). La presidente del consiglio Avanzo, inizialmente possibilista, decide di non ammettere l’emendamento. A questo punto, considerato l’ostruzionismo, in aula viene messa ai voti la proposta di anticipare i due disegni di legge sulle fusioni, relegando in coda quello sulla doppia preferenza: la proposta passa con 43 voti e 4 contrari (tra cui le promotrici Pd del ddl, in evidente dissenso dalla scelta del loro gruppo). «Abbiamo la responsabilità di dare il via libera alle fusioni», spiega il capogruppo Pd, «non possiamo farle saltare, e mandare quei Comuni al voto a maggio, per forzare su un altro disegno di legge. Dobbiamo anche essere amministratori oltre che politici».
Ma l’assessora Ferrari è evidentemente delusa e arrabbiata e a caldo parla di «giochetti disonesti»: «C’era l’accordo per una seduta straordinaria il 27 gennaio, poi è saltata con l’impegno a votarla oggi. Ora questo. Chiederò una seduta straordinaria. Abbiamo tempo fino ai primi di marzo, ma è già tardi».
In avvio del dibattito le minoranze vanno all’attacco. Rodolfo Borga (Civica): «Quelle che voi chiamate “battaglie di civiltà” non si fanno a metà, non si può varare una norma valida in Trentino e non in Alto Adige, noi non daremo mai il via all’inizio di uno smembramento della Regione». E accusa: «Questa legge la vogliono solo Pd e Verdi, dalla maggioranza c’è chi ci ha chiesto di tenere duro con l’ostruzionismo. Non vi preoccupate, lo faremo». Claudio Civettini attacca la Svp: «Vendete le donne degli altri e tenete a casa le vostre. È intollerabile». Il disinteresse dei consiglieri della Svp verso la legge emerge plasticamente durante tutta la giornata. Imperturbabile il capogruppo Dieter Steger, che ripete: «Abbiamo un accordo con la maggioranza trentina, ma la doppia preferenza non si può fare in Alto Adige. Abbiamo una situazione diversa». E i contrari della maggioranza si fanno sentire. «I consigli delle autonomie di Trento e Bolzano hanno dato parere negativo», ricorda Walter Kaswalder (Patt). La legge è a un punto morto.
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