Porte sbarrate per le donne in politica

Il ddl sulle “quote rosa” non è stato inserito tra gli ordini del giorno delle ultime sedute del consiglio provinciale


di Luca Pianesi


TRENTO. Le preferenze di genere non interessano all’attuale consiglio della Provincia autonoma di Trento. I provvedimenti, proposti dalle consigliere Cogo (Pd) e Penasa (del gruppo misto), Bombarda (Verdi) dedicati all’argomento, infatti, non sono stati inseriti, dalla Conferenza dei capigruppo, tra gli ordini del giorno delle ultime sedute di questa legislatura e quindi “saltano” a “data da destinarsi”.

Rimangono frustrate, dunque, le speranze e le aspettative di una grandissima parte della società civile che, anche tramite la campagna promossa dal Trentino, si era espressa pubblicamente (il nostro quotidiano in questi mesi ha raccolto centinaia e centinaia di firme) a favore di una legge che potesse garantire una maggiore rappresentatività alle donne in politica. E rischiano di cadere nel vuoto le parole della sociologa Chiara Saraceno, dell’ex parlamentare Lucia Fronza Crepaz, della presidente dell’Ordine degli avvocati Patrizia Corona e poi quelle delle donne della politica trentina, dell’industria e del mondo dell’associazionismo, che in questi mesi si sono esposte pubblicamente, su queste pagine, con interviste e lettere. Tutte concordi nel ribadire che una legge in materia è cosa di primaria importanza, perché «se è vero che a parità di condizioni non dovrebbero essere garantite “quote” per nessuno - spiegava sul Trentino del 24 giugno Simonetta Fedrizzi, presidente della Commissione provinciale per le pari opportunità - qui partiamo da un gap culturale e sociale, per le donne, ancora importante». Un gap che s’è tradotto nel dato impietoso di sole 10 donne elette in consiglio provinciale, in 40 anni, a fronte di 271 uomini. Oggi le consigliere provinciali sono 5 su 35 e due di queste, Franca Penasa e Margherita Cogo, hanno depositato (la seconda ancora nel 2010) delle proposte di riforma della legge elettorale. A loro s’era aggiunta anche quella di Roberto Bombarda. La volontà comune era quella di inserire il concetto di “preferenze di genere” nell’attuale testo normativo: delle due preferenze da accordare in caso di elezioni, una sarebbe dovuta andare a una donna. L’elettore avrebbe potuto anche votare solo un uomo, ma non dare i suoi voti a due candidati maschi (in quel caso la scheda si sarebbe annullata). In consiglio provinciale sembravano tutti d’accordo, tranne parte delle opposizioni che, per bocca del consigliere Alessandro Savoi si erano sempre definite contrarie. E alla fine la maggioranza si è piegata. Ieri, infatti, il ddl sulle preferenze rosa non è stato inserito negli ordini del giorno delle ultime sedute del consiglio, nonostante per il capogruppo del Pd, Luca Zeni, i tempi e le possibilità di affrontarlo ci sarebbero stati in queste ultime assemblee. Ma finché la discussione a riguardo, verrà affrontata da 30 uomini e da 5 donne, il rischio che slitti a un’altra legislatura e a un’altra ancora, rimane fortissimo. Il gap, purtroppo, resta e la politica non è riuscita a colmarlo. ©RIPRODUZIONE RISERVATA













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