«Polenta a rischio? No, si può mangiare senza alcun timore»
Fulvio Mattivi (Fondazione Mach): la presenza di funghi del mais può dare problemi, ma qui i controlli sono accurati
TRENTO. Fa discutere lo studio di Roberto Defez, primo ricercatore del Cnr di Napoli, secondo il quale la polenta andrebbe inclusa tra gli alimenti a rischio per la presenza di fumosinine, delle tossine che sono ritenute pericolose poiché possono indurre tumori all’esofago. Tuttavia Fulvio Mattivi, coordinatore del dipartimento qualità alimentare e della nutrizione della Fondazione Mach di San Michele all’Adige è meno tranchant del ricercatore napoletano. «La polemica sulla polenta non esiste, è un fatto ricorrente perché la pericolosità delle fumosinine è nota da decenni. É un problema che ha sollevato a suo tempo anche l’oncologo Umberto Veronesi. Si tratta di metaboliti prodotti da muffe che attaccano il mais». Intende dire che continuerà a mangiare polenta, in barba alle risultanze della ricerca? «Io mi rifaccio alle conclusioni del Consiglio superiore di Sanità di due anni fa, dunque piuttosto recenti, in cui si attesta che il consumo di mais non è un fattore di rischio prevalente per il tumore dell’esofago né per la spina bifida. Sono stati eseguiti dei rilievi molto accurati sulle dosi giornaliere tollerabili dai quali è emerso che nessun consumatore è esposto a rischi. Parliamo di valori di 2000 nanogrammi per chilo al giorno, mentre nella popolazione le dosi reali sono molto più basse».
Perché l’alimentazione è cambiata negli ultimi anni? «Diciamo che un centinaio di anni fa la polenta era l’alimento prevalente della nostra zona, ed è tornato ad esserlo in momenti di estreme ristrettezze, come dopo le due guerre. Oggi il consumo di mais e farine di mais è molto inferiore, di conseguenza anche i rischi, legati comunque a un fenomeno di contaminazione fungina». Ma tutte le farine di mais sono esposte a questa eventualità? «É un fenomeno naturale. Le muffe possono aggredire le spighe o le pannocchie stoccate in maniera poco attenta alle norme igieniche di base. I controlli da noi sono molto accurati, già per le partite riservate agli animali. Noto comunque come sia curioso che nessuna patologia particolare sia stata rilevata sui cavalli, che si alimentano almeno per il 30% di mais. Le partite di mais riservate all’uomo sono ancora più soggette a verifiche sanitarie. I casi a cui fa riferimento Defez sono stati riscontrati in Africa e Sudamerica, dove le prassi di stoccaggio si svolgono in ambienti meno attenti all’igiene rispetto all’Italia». E la supposta maggior pericolosità del mais “bio”? Come la spiega? «É ovvio che le produzioni biologiche, non irrorate con prodotti chimici, siano più esposte al rischio di funghi. Bisogna valutare però caso per caso. In ogni modo, ogni allarmismo è fuori luogo: il consumo di polenta o di mais da noi è solo occasionale e non costituisce esposizione a rischi».
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