«Per il contagio il tempo minimo è di 15 minuti Le mascherine? Inutili»
L’intervista. Antonio Ferro, responsabile del dipartimento prevenzione dell’Azienda sanitaria: «Gli operatori non cambiano protocolli. Agli immunodepressi serve sempre il vaccino influenzale»
Trento. Quindici minuti. É questo il tempo minimo, giudicato significativo, per potersi infettare di fronte ad una persona in grado di trasmette il coronavirus. Di questo, ma anche di mascherine, disinfettanti e procedure nei giorni della grande paura, abbiamo parlato con il dottor Antonio Ferro, direttore del Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria. In questi giorno in prima linea nella task force della Provincia.
Ferro, perché non si fanno tamponi diagnostici a più largo raggio per questo virus?
Non avrebbe senso. Sia senza alcun tipo di sintomo che con la presenza di sintomi: le persone debbono provenire da aree a rischio.
L’utilizzo delle mascherine, esaurite dappertutto?
Le mascherine per l’attività corrente, in questa fase, non hanno alcun significato. Vanno usate solo da personale sanitario quando sappiamo che possono essere a rischio. Indossarle in città non ha senso.
Il personale sanitario: cosa cambia per loro?
Per loro c’è esattamente la stessa situazione di prima. Ci sono dei protocolli cui riferirsi e sono uguali a quelli che c’erano prima del coronavirus. Le procedure sono quelle standard.
Consigliate alla gente l’utilizzo di prodotti di pulizia speciali?
Non sono previste misure di sanificazione particolare perché ad oggi non è stata riscontrata in Trentino la presenza del coronavirus. Tanto per fare un esempio suggestivo, per dare un’idea, quando uno dei nostri ospiti della quarantena lascia la sua stanza, trascorsi i 14 giorni, non viene fatta nessuna procedura di sanificazione particolare. Ma come se ci fosse un’altra situazione, aldilà del corona virus. Questo è un messaggio che va fatto passare: non è utile fare nulla di diverso se non rispettare le norme legate all’influenza.
In che senso?
L’influenza stagionale. Ad oggi abbiamo, forse, passato il picco dell’influenza, ma siamo ancora in soglia altamente epidemica e quindi vanno applicate tutte le indicazioni per contrastarla. In primo luogo un attento lavaggio delle mani, il fatto di mettersi la mano davanti quando si starnutisce. O avere il buon senso di non andare, se si ha la tosse, in locali affollati. L’evitare gli assembramenti è una misura utile per combattere l’influenza. Dare indicazioni diverse oggi è sbagliato. Molto rilevante è anche il tempo di permanenza nei locali.
Ecco, questo è interessante.
Nei supermercati, per fare un esempio, non ravvisiamo delle difficoltà o problematiche se si sta in fila alla cassa. Per l’Oms il tempo di contatto stretto viene definito in 15 minuti, quello è rilevante. Per contatto stretto non si intende certo baciarsi, quello è diverso. Un passaggio fugace alla cassa, pagare e prendere la spesa non è rilevante. Poi la contagiosità di un soggetto non è sempre eguale.
Questo come si spiega?
Ci sono diversi livelli di contagiosità. Normalmente un soggetto sano è a bassa contagiosità e anche le misure che vanno messe in campo sono diverse da quelle previste per un soggetto sintomatico. Noi non possiamo quindi prendere misure non commisurate alla realtà: preferiamo tenere l’asticella regolata a seconda della situazione epidemiologica con cui ci troviamo ad interagire. Sennò, di fatto, dovremmo attivare delle procedute dopo le quali non c’è più niente. Come, per esempio, la chiusura totale delle attività. Farlo senza la necessità vorrebbe dire creare danni non solo economici ma anche sociali sulla popolazione.
Senta, le persone immunodepresse debbono seguire delle attenzioni particolari?
Le stesse di prima, anche se è ovvio che sarebbe stato un gran bene che le persone immunodepresse fossero state tutte vaccinate per l’influenza. Quella è una procedura raccomandata. G.T.