Pd, Zeni e Borgonovo non cedono: «Primarie per scegliere il nome»

Il capogruppo: «Coinvolgere i cittadini, non c’è altra via». E Andreatta avverte: «Folle far votare a metà giugno»


di Chiara Bert


TRENTO. Nel centrosinistra c’è chi scommette che un accordo alla fine si troverà perché le primarie non fanno poi comodo a molti, eccezion fatta per il Patt che ha il suo candidato Ugo Rossi pronto da tempo. Il Pd è invece alle prese con tre candidati (Olivi, Zeni e Borgonovo Re) e anche nell’Upt i nomi sono due, Mauro Gilmozzi e Tiziano Mellarini. Ma c’è anche chi è convinto che invece non si potrà che passare dalle primarie per scegliere il candidato della coalizione alla presidenza della Provincia. Le diplomazie dei partiti sono al lavoro, i prossimi giorni saranno decisivi per capire se ci sono le condizioni per trovare la convergenza su un nome, tra quelli già in campo piuttosto che su una figura esterna (ma questa seconda opzione appare oggi più debole, perchè nessuno dei nomi usciti finora - Ilaria Vescovi, Diego Mosna, Massimo Tononi, Filippo Andreatta - appare in grado di raccogliere il consenso di tutte le forze politiche.

Di certo il fronte che sostiene le primarie, dentro il Pd, non ha preso bene la decisione uscita lunedì al tavolo della coalizione, ovvero di prendersi ancora una settimana di tempo per cercare un candidato unitario, e solo in caso di mancato accordo organizzare le primarie (a turno unico, con un candidato per partito) il 16 o il 23 giugno. Tra i Democratici la lettura che circola, a bassa voce, è la seguente: questa settimana servirà per evitare le primarie interne e per cercare di convincere gli alleati a sostenere l’assessore all’industria Alessandro Olivi, il nome più spendibile a livello di coalizione, altrimenti si faranno primarie e il Pd dovrà arrivarci con un unico candidato, che a quel punto verrà scelto dall’assemblea allargata agli amministratori e ai segretari di circolo.

Uno scenario che di fatto taglierebbe le gambe a Luca Zeni e Donata Borgonovo Re, i due candidati che da settimane sono pronti alle primarie. «Oggi la scelta non può che essere quella di aprire ai cittadini, coinvolgendoli sui contenuti oltre che sui nomi dei candidati - incalza Luca Zeni - la linea uscita dall’assemblea è chiara, e va nella direzione di rispettare lo spirito di fondo del Pd. Pensare a primarie a turno secco con un candidato per partito mi lascia molto perplesso, fatico a comprendere queste limitazioni. Spero si arrivi a una proposta molto più aperta». E comunque, mette in chiaro Zeni, «do per scontato che prima del prossimo incontro di coalizione ci sia un passaggio nei nostri organi interni, a decidere non può che essere l’assemblea».

Sulla stessa linea Donata Borgonovo Re, tra i promotori di un appello al Pd che sta girando via mail tra iscritti ed elettori per ottenere dal partito primarie aperte. «Il punto - sostiene l’ex difensore civico - non è affezionarsi alle regole, ma la convinzione che il candidato unitario che tanto si va cercando dovrebbe essere il frutto di un confronto tra tutti . Le primarie sono lo strumento per portare a sintesi le diverse sensibilità in campo». E Borgonovo bacchetta Olivi: «Ho trovato una sua intervista del 20 marzo 2012 in cui sosteneva che “lo strumento migliore per selezionare il candidato presidente sono le primarie di coalizione, ampie e senza filtri”. Mi chiedo se le parole valgano sempre o a seconda delle situazioni...». Sui social network una parte della base Pd scalpita e arriva a dire che «senza primarie sarà il Pd ad essere l’ultima spiaggia per gli elettori». Ma il sindaco di Trento Alessandro Andreatta avverte: «Mi sembra folle chiamare la gente a votare dopo il 9 giugno. Molti elettori saranno già in ferie. Dopo le parlamentarie di fine dicembre, non è il caso di fare altri errori di questo tipo».

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