Parcheggi blu, scatta il ricorso in Cassazione

Dopo la vittoria del Comune, Giuliana e Maffioletti non demordono: «Violata la legge»


Sofia Verza


TRENTO. Il monopolio dei parcheggi blu su quelli "liberi" dovrebbe essere limitato alla prima corona del centro storico, secondo il codice della strada. Invece si espandono fino alla terza corona. E' ciò che denunciano Emilio Giuliana, coordinatore di Trentino Area Nazionale e Gabriella Maffioletti, consigliere comunale di "Insieme per Trento" che portano avanti la loro battaglia contro gli stalli a pagamento, a sostegno dei 6 automobilisti multati dalle "contravvenzioni pilota" in via Perini nel 2007. «Contestiamo la legalità del piano sosta - dice Mafioletti - per questo abbiamo deciso di aiutare questi cittadini che non riuscirebbero a sostenere i costi dei ricorsi».

Quelli ai giudici di pace, del maggio e luglio 2008, ottennero l'annullamento delle contravvenzioni, la prova - secondo Giuliana e Maffioletti, che «i parcheggi blu dalla seconda fascia in poi dovrebbero per legge essere alternati ai parcheggi cosiddetti liberi». «L'amministrazione di centro-sinistra considera liberi anche quelli di carico e scarico, per i disabili e a disco orario. Ma è una cattiva interpretazione delle disposizioni di legge», insiste Giuliana. La giunta comunale nel 2011 fece appello e vinse la causa.

«Abbiamo deciso di fare ricorso alla Corte di Cassazione perché in appello i giudici non si sono attenuti ai fatti della causa, entrando nel merito della questione, cioè sentenziando su cosa è o non è centro storico. Molte amministrazioni non hanno a cuore la viabilità cittadina, come dimostra una sentenza favorevole della Cassazione del 2007, sollevata da un avvocato di Quartu S.Elena contro la diffusione dei parcheggi a pagamento. Questa sentenza è un precedente che prova che siamo nel giusto». La coppia Giuliana-Maffioletti ricorda le parole dell'assessore alla mobilità Michelangelo Marchesi, e la decisione del Comune di andare avanti con l'estensione degli stalli blu a San Pio X «per fare cassa», accusano. «Più magistrati si sono pronunciati a favore della nostra correttezza», rivendica l'assessore. Ma la battaglia non è ancora finita.













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