Pancher, il guanto di sfida a Schelfi

Il presidente di Promocoop punta alla Federazione «contro l'oligarchia»


Roberto Colletti


TRENTO. «Non siamo anti Schelfi, non siamo dissidenti, non siamo nostalgici. Crediamo, invece, di interpretare lo spirito della base che oggi stenta a manifestarsi ai vertici della Federazione. Perciò mi candiderò per la presidenza. Cercheremo di vincere, ora o alla prossima occasione, ma sopratutto vogliamo rinnovare la cooperazione». Sandro Pancher annuncia così la sfida contro il quarto mandato di Diego Schelfi, in nome del «confronto aperto e dell'unità del movimento». Sabato impegnativo quello di Pancher, tra la "fatica e la passione" della polemica ed il giudizio finale rimandato all'assemblea del 15 giugno. Presentato ieri mattina da Marina Mattarei e Giuliano Beltrami in un Palazzo della Cooperazione prefestivo e deserto, il presidente di Promocoop ha spiegato le ragioni che lo hanno deciso a mettersi in gioco contro un clima in cui non si ritrova: contro il prevalere dei consorzi sulle cooperative di base, contro l'oligarchia dei pochi sull'attività dei molti che ruba al movimento la vera anima: la partecipazione ed il senso d'identità.

Per la cooperazione, che volentieri si nutre di giaculatorie sulle origini (chissà se don Guetti avrebbe apprezzato), partecipazione calante ed identità in crisi sono da tempo il tema dei temi. C'è voluta, però, la richiesta dei consorzi - Cassa Centrale e Sait anzitutto, «tutti indispensabili, sia chiaro, ma come utili strumenti, non come padroni» - di chiedere, in via eccezionale, un quarto mandato per Schelfi, per passare dall'accademia al confronto vero: per impedire che questo sistema che assomiglia tanto ad un'oligarchia, questo il senso della posizione di Pancher e soci, svuoti definitivamente l'anima delle cooperative, ne indebolisca il modello produttivo, svaluti il loro essere alternative a capitalismo e liberismo.

Quale strada imboccherà via Segantini? La domanda dovrà trovare una risposta (almeno il tentativo) nell'assemblea di giugno se non si vorrà svilire la vicenda della quarta presidenza Schelfi in un bisticcio tra attaccamento alla poltrona e volontà di scalzarla. Pancher ieri è stato attento ad evitare toni da baruffa, ponendo la propria candidatura come «elemento di unità, non di divisione» e le sue ragioni non come «argomenti per la macchina elettorale», bensì occasione di crescita «senza la pretesa di avere la verità in tasca».

Quanto al programma della sua presidenza, lo racconterà nelle prossime settimane, ancor meglio se la Federazione riterrà di organizzare un secondo giro di consultazioni con le cooperative, rimediando al lavoro dei saggi i quali più che «un'operazione ascolto hanno fatto un'operazione di suggerimento». Un invito al confronto, il suo, forse più disponibile della vice presidente Mattarei. La quale «al di là dell'immutata amicizia personale» rimprovera a Schelfi di aver dato «la parola d'onore che il quarto mandato non lo riguardava», parola che ha tradito sottraendo «affidabilità e credibilità» alla Federazione e, sopratutto, «indebolendo la forza etica, l'identità del movimento, la nostra diversità». Giudizio severo, tanto che «se l'amico Diego dovesse essere confermato presidente, mi dimetterò dalla vice presidenza della Federazione».

Giudizio condiviso da Beltrami, critico contro il protagonismo dei consorzi e preoccupato per l'insufficiente formazione dei cooperatori. Insomma, temi ricorrenti, ma mai posti con questa carica polemica, segno di una sensibilità nuova che, ha ricordato Pancher, si pone anche a proposito «delle differenze tra gli stipendi più bassi e quelli più alti della Federazione». Il tempo ci dirà se si tratta di un'inquietudine momentanea, destinata a smorzarsi a giugno, o se avrà la forza di trasformarsi in una corrente capace di rivitalizzare un debordante pragmatismo cooperativo. Nel secondo caso, per via Segantini un'occasione da non perdere.













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