Ospedali, a rischio più di 500 posti letto
Risparmiate le sedi periferiche, Roma minaccia i degenti. Dopo il “caso tribunali” si fa più duro il braccio di ferro con Roma
TRENTO. Di fronte ai tagli di Monti non c’è autonomia che tenga: scampati alla mannaia i mini-ospedali, la spada di Damocle si sposta sui posti letto. Il governo ha deciso di sacrificarne 20 mila sull’altare della “spending review”, per un risparmio complessivo di 26 miliardi di euro. Questa volta a fare la loro parte sono chiamati tutti, regioni e provincie a statuto speciale comprese, perché nel decreto non è stata introdotta alcuna clausola di salvaguardia come avveniva in passato. Il criterio da rispettare è di 3,7 posti letto ogni mille abitanti e il Trentino è a quota 4,8, secondo soltanto al Molise che ne ha 5,5: ciò significa sopprimere 518 dei 2.477 posti esistenti. Va meglio, anche se non di molto, a Bolzano, dove siamo a 4,4 posti ogni mille abitanti, come in Lombardia e Liguria: in questo caso ad essere ritirati dalle stanze degli ospedali dovrebbero essere quindi 285 letti.
Oltre Salorno sembrano rassegnati ad allinearsi ai dettami montiani: «Le linee guida sui posti letto varranno in tutta Italia», afferma il direttore di dipartimento altoatesino Florian Zerzer. «C’è poco tempo a disposizione e questo costituirà il vero problema». Di tutt’altro avviso l’assessore alla sanità trentino Ugo Rossi, che assieme al governatore Lorenzo Dellai, preannuncia battaglia. Una nuova battaglia dopo quella che i Comuni, assieme agli avvocati, si sono detti pronti ad affrontare contro la soppressione dei tribunali (a rischio le sedi distaccate di Tione, Borgo, Cles e Cavalese).
Rossi parla senza mezzi termini di «violazione dei principi autonomistici» da parte di Roma e suona la carica per contrattaccare. La Provincia impugnerà il decreto, si tratta solo di decidere se farlo subito o dopo la legge di conversione. Non si tratta - precisa l’assessore - di un sottrarsi alla responsabilità di compartecipazione ai sacrifici richiesti a tutti per cercare di superare la crisi: il Trentino è disponibile a trattare sui soldi da versare a Roma come proprio contributo alla ripresa, ma non accetta che Roma metta becco sul come e sul dove si debba tagliare, se la competenza è dell’autonomia speciale. Parole analoghe si erano sentite pronunciare dall’assessore al commercio Alessandro Olivi, quando aveva tirato le orecchie al Comune di Trento, reo di essersi appiattito sulla normativa nazionale circa le aperture festive, invocando una grande alleanza tra amministrazioni locali e Piazza Dante.
Insomma, che si tratti di giustizia, commercio oppure di sanità, non cambia la parola d’ordine: difendere l’autonomia. Il Trentino sente minacciate le sue prerogative come non è mai successo forse in passato. La domanda è se la Provincia, attaccata su più fronti, abbia forze sufficienti a resistere. «I trentini non se ne sono resi conto - dice l’autonomista Ugo Rossi - ma se rinunciamo a difenderci l’autonomia è finita».
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