Omofobia, la legge a data da destinarsi
Rossi e i capigruppo: «Testo condiviso, ma serve una strategia d’aula». Arcigay in piazza: «Presi in giro un’altra volta»
TRENTO. Sette mesi fa i capigruppo di maggioranza convocavano una conferenza stampa per dire: «Andremo avanti e approveremo il disegno di legge contro l’omofobia». Ieri i capigruppo (Alessio Manica per il Pd, Giampiero Passamani per l’Upt, Lorenzo Ossanna per il Patt e Giuseppe Detomas per la Ual) e il presidente della Provincia Ugo Rossi si sono incontrati per tre ore e al termine hanno diramato un comunicato: «Piena condivisione del disegno di legge», la cui approvazione slitta però a data da destinarsi. Non si sa infatti quando il testo - già bloccato due volte da un duro ostruzionismo delle opposizioni e dalle divisioni interne alla maggioranza - tornerà in aula. Sicuramente non sarà nella prossima seduta consiliare di maggio, quando il presidente del consiglio Bruno Dorigatti era pronto ad inserirlo all’ordine del giorno. La maggioranza, che sta provando a rilanciarsi dopo settimane di tensioni interne, ha deciso che non è questo il momento adatto.
È stato il governatore Rossi - si legge nella nota dei capigruppo - a chiedere di non forzare la calendarizzazione del ddl già dalla prossima seduta, «ma di utilizzare i prossimi giorni per stabilire quale strategia d’aula sia più efficace per uscire dallo stallo causato non certo da contrazioni o titubanze dei consiglieri di maggioranza». Affermazione curiosa visto che fin qui proprio sulle divisioni interne al Patt (che pure era stato messo in riga da Rossi) e sulla timidezza Upt hanno scommesso in aula le minoranze.
«Ci sentiamo presi in giro per l’ennesima volta», ha detto ieri pomeriggio durante il sit-in sotto il palazzo della Provincia Paolo Zanella, presidente di Arcigay che ha promosso la proposta di legge di iniziativa popolare (sottoscritta da 7 mila persone e poi confluita nel testo unico sottoscritto dai capigruppo di maggioranza). I promotori del ddl ieri hanno invano cercato di contattare i capigruppo, Rossi e l’assessora Sara Ferrari. In piazza, al loro fianco, c’erano tra gli altri la presidente del consiglio comunale di Trento Lucia Coppola, l’avvocato Alexander Schuster impegnato nella difesa dei diritti della comunità Lgbt, Jacopo Zannini per Sinistra Italiana-Sel («Grottesco parlare ancora del Trentino come regione europea culturale oltre che economica, quando proprio su un tema fondamentale come quello della discriminazione di genere, non si sente il coraggio civile di affermare ciò che in Europa rappresenta un dato acquisito dalle varie istituzioni nazionali e regionali», scrive in una nota l’assemblea provinciale di Sel), la consigliera comunale dell’Altra Trento Antonia Romano, il segretario della Cgil trentina Franco Ianeselli («Mi aspetterei che in una terra all’avanguardia, che punta ad essere attrattiva in tanti settori tra cui quello della conoscenza, un disegno di legge contro le discriminazioni degli omosessuali passasse all’unanimità in consiglio. Non c’è contrapposizione con i diritti sociali e del lavoro»). Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay, giudica «incomprensibile un’impasse dopo un percorso di tre anni e mezzo»: «Trovo incredibile che il Trentino, che è sempre stato avanzato sotto il profilo politico, sociale e culturale, sui diritti civili resti indietro proprio mentre l’Italia vara la legge sulle unioni civili». Il consigliere Mattia Civico (Pd), primo firmatario del ddl, ieri ha scelto di non partecipare al vertice dei capigruppo con Rossi: «Non credo che ci fosse bisogno di ulteriori riunioni, ne abbiamo già fatte tante su questo tema. Questa maggioranza deve decidere se i diritti civili sono un fastidio e un contentino per qualche consigliere, o se sono un cardine della nostra azione politica». Nel comunicato i capigruppo ieri hanno ribadito che gli interventi normativi in materia di diritti civili «sono colonne portanti del programma di governo della coalizione perché rappresentano le fondamenta di una comunità». Nell’ordine, confermano la volontà di modificare la legge elettorale per introdurre la preferenza di genere (scomparso l’aggettivo «doppia», si va verso una mediazione che prevede una preferenza di genere diverso su tre preferenze). Sì anche alla legge che istituisce il garante dei detenuti, «per dare continuità al grande investimento in umanità fatto con la costruzione del nuovo carcere». A parole tutti concordi. In attesa di capire quando arriverà il momento giusto per andare in aula.
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